da Masamune | Ott 22, 2021 | Blog
La qualità della tua vita dipende dalla relazione con ciò che ti circonda. Ci hai mai fatto caso? Dal cibo che consumiamo a pranzo, all’amico che ci chiama al telefono per sapere se stiamo bene, dal seme che abbiamo piantato in giardino al pensiero del problema con la macchina, tutto ciò che ci circonda è in relazione con noi. Siamo in relazione con tutti coloro con cui entriamo in contatto e con tutto ciò che ci circonda: con gli oggetti che utilizziamo quotidianamente, con le persone che incontriamo, e non solo: siamo in relazione anche con quello che sentiamo e proviamo dentro di noi. Le parti di cui siamo fatti, sono in relazione tra loro e in relazione con gli altri. Il modo in cui ci relazioniamo con gli altri, condiziona il rapporto che abbiamo con noi stessi e viceversa. Il modo in cui lo facciamo con noi stessi si intreccia con il rapporto che abbiamo con il tempo, con il modo in cui leggiamo gli eventi della nostra vita e gli attribuiamo determinati significati. Proprio perché siamo immersi nelle relazioni è importantissimo imparare a conoscerle e a prendersene cura per aumentare il nostro benessere: è la relazione che abbiamo con il nostro mondo determina la qualità della nostra vita. Sono tre le relazioni fondamentali di cui occuparsi per curare il proprio benessere: ● La relazione con se stessi. Quante volte ti sei chiesto: “chi sono io? Chi sono io veramente?” Per poter rispondere a questa domanda fondamentale per ogni essere umano è necessario imparare ad occuparsi della relazione con se stessi. Quante parti ci sono dentro di me? Quali sono le mie emozioni? Perché spesso mi blocco in pensieri e reagisco sempre allo stesso modo? ● La relazione con l’altro. Siamo sempre in relazione. Con noi stessi e con gli altri. Le relazioni possono essere un terreno di scontro, velenoso e distruttivo. Oppure, al contrario, possono essere per noi un’opportunità, una palestra per imparare a conoscerci meglio e ad essere più felici. Curare la relazione con l’altro significa innanzitutto divenire consapevoli che ognuno di noi è parte attiva nell’andare nell’una o nell’altra direzione. Questo ci consente di scegliere che relazioni vogliamo coltivare. ● La relazione con il tempo. La nostra storia è la nostra compagna di viaggio. Siamo noi a decidere però qual è il suo ruolo: ha il ruolo di una zavorra che ci rallenta e ci impedisce il cammino? Oppure corre avanti a noi e noi fatichiamo a starle dietro? Passato e futuro possono impedirci di star bene se non impariamo a gestire la relazione che abbiamo con essi. E il presente? Il presente è l’unico momento che esiste. Accoglierlo significa vivere pienamente. Ho riflettuto a lungo sulla meccanica di questi tre tipi di relazioni. L’ho fatto affrontando la relazione con il se, poi quella con gli altri e, infine, condividendo le mie riflessioni con voi nei per-corsi. Tuttavia, manca ancora un tassello: la relazione con il tempo. Tra tutte, quella con il tempo è forse la relazione più complicata da gestire. Più di ogni altra persona o cosa, infatti, è un concetto talmente complesso da sembrare ingovernabile. Siamo sempre di corsa, conviviamo con la perenne sensazione che il tempo a nostra disposizione sia sempre troppo poco o, comunque, mai abbastanza. Eppure, il tempo è sempre lo stesso. Scorre per tutti allo stesso modo e non rallenta né accelera per nessuno di noi. Mi sono interrogato sul perché di questa relazione così ostile, su come imparare a gestirla e, infine, sul dove. Da dove partire? Ho trovato una risposta ed è IL PRESENTE. Il presente è il tempo…è l’unico momento che esiste, che c’è, qui e ora. Il presente è un dono. Per questo motivo, giorno 27 Ottobre, presenterò un nuovo per-corso dedicato al presente e all’importanza di allenarsi a frequentarlo per fare davvero la differenza nella nostra vita. Imposta il reminder su Google Calendar per ricordarti della data di lancio del per-corso. Clicca qui per aggiungere l’evento a Google Calendar Antonio Quaglietta, relazioniamoci.it
da Antonio Quaglietta | Apr 7, 2015 | Blog
Ho passato tutta la mia vita a ricercare la perfezione in ogni cosa che facevo: il mio desiderio più grande era essere la figlia, la nipote, la studentessa, la ragazza più perfetta che potesse esistere… ma puntualmente facevo errori. Inseguivo un ideale di ‘perfezione perfetta’ che non è mai esistito neanche tra gli dei dell’Olimpo e il risultato qual era? Trovarmi puntualmente di fronte alla mia umana imperfezione! Questo mi ha portato a vivere una grandissima sofferenza, poiché non era possibile riuscire a raggiungere la perfezione a cui aspiravo e ciò mi portava a sentirmi sempre inadeguata e a non essere mai abbastanza. Mi ripetevo in continuazione: ‘non vai bene, sei sbagliata, non sei abbastanza per…’ Ogni volta che ricevevo una critica per me era una catastrofe perché mi ricordava il fatto di non poter raggiungere questo ideale e mi caricavo di una afflizione che era destinata a non finire mai proprio perché non avrei mai potuto essere la persona perfetta. Altro motivo di grande dispiacere era dato dalla mia imperfezione estetica: sempre dalle forme abbondanti, lontanissima dai canoni di bellezza della nostra società, tenta e ritenta di dimagrire, ma nulla… nessun risultato. Insomma, per anni mi sono ritrovata a correre, correre, correre per inseguire qualcosa che si allontanava sempre di più da me, perché impossibile da raggiungere, col risultato di sentirmi stanca, affaticata e angosciata. Poi ad un certo punto ho cominciato a farmi una domanda che mi ha cambiato la prospettiva delle cose. Mi sono chiesta: • ‘ma per te è davvero così importante essere perfetta’? la mia prima risposta è stata ‘sì’. Ho continuato a chiedermi • ‘cosa è per te la perfezione’? e mi sono risposta: ‘è apparire sempre al meglio per gli altri!’ PER GLI ALTRI?!? Queste ultime tre parole hanno avuto su di me l’effetto di una scarica elettrica. Io volevo essere perfetta per piacere solo ed esclusivamente al resto del mondo… ma chi era il resto del mondo? Tutte le persone che mi circondavano: dai miei genitori, ai miei amici, ai professori e via dicendo. Ricercavo in continuazione l’approvazione di qualsiasi persona tranne che di una: me stessa! • E io dov’ero finita? Esistevo oppure ero solo una proiezione di ciò che avrebbero potuto pensare gli altri di me? Quest’ultima domanda mi ha destabilizzato: è stato come l’interruttore che accende la luce in una stanza completamente buia e mi ha fatto vedere tutto il disordine all’interno: le mie priorità erano scaraventate qua e là e quello che era meno importante per la mia vita, tutto ciò che non faceva parte dei miei desideri e dei miei obiettivi, le ricopriva completamente. Allora ho deciso. Mi sono rimboccata le maniche e ho cominciato a rassettare e riorganizzare la mia ‘stanza interiore’ per avere ben chiaro quale fosse la MIA REALE perfezione. Ho così imparato piano piano il valore e l’importanza dell’ imperfezione: ho accettato la mia umanità e il mio potere nell’essere imperfetta. Ho compreso che non è necessario affannarsi nel fare tutto in modo ligio e lineare per essere benvoluta: chiunque incontro può volermi bene per chi sono, non per una me che non esiste. Ho capito il valore dell’errore e mi sono concessa VOLUTAMENTE il lusso di sbagliare: solo in questo modo ho la possibilità di correggermi e migliorare giorno dopo giorno. E solo in questo modo ho capito che non c’è nulla di così catastrofico negli sbagli, perché ogni volta che mi capita di errare ho la meravigliosa possibilità di rimediare… esiste una soluzione a tutto, anche in quei casi in cui tutto sembra così difficile. E, di conseguenza, si sono palesate quelle che sono le mie capacità. Sembra paradossale, ma più cercavo di essere perfetta e più fallivo, ora più osservo e accetto la mia imperfezione e più mi si aprono possibilità e vengono a galla le mie facoltà e la mia forza. Le critiche non sono più ‘materiale distruttivo’, ma sono dei feedback esterni fondamentali, che mi permettono di aggiustare il tiro quando non mi rendo conto da sola di doverlo fare. E i miei rapporti con gli altri? Beh, quelli sono decisamente migliorati, dato che non mi concentro più solo su me stessa e sui miei tentativi di apparire in un certo modo, dimenticandomi di creare una vera relazione profonda. Spesso neanche vedevo il mio interlocutore perché avvertivo e davo voce solo al mio immenso bisogno di essere perfetta… e come potevo entrare in empatia con chi mi stava di fronte? Invece ora sono consapevole che c’è sempre uno scambio con chiunque e so che non ci sono piani differenti: non ci sono io su un gradino più basso rispetto alle altre persone, che sono lì a giudicarmi per i miei difetti… in realtà chi mi stava giudicando prima? L’altro o io? Chi è che pensava che non avessi valore, l’altro o io? Chi riteneva che fossi così ‘piccola’ da dover fare i salti mortali per essere al top, l’altro o io? Ero sempre io. La mia vita è perfetta adesso, nella mia grandiosa imperfezione. Ora so che posso stare bene, nonostante tutto e so che posso lavorare ogni giorno per raggiungere tanti piccoli miglioramenti e questa è la mia idea di evoluzione. E ciò mi rende felice, anche davanti alle difficoltà quotidiane. Ecco – e ciò me lo voglio concedere – è questa la mia attuale perfezione. “Il fatto che l’attività svolta in modo così imperfetto sia stata e sia tuttora per me fonte inesauribile di gioia, mi fa ritenere che l’imperfezione nell’eseguire il compito che ci siamo prefissi o ci è stato assegnato, sia più consona alla natura umana così imperfetta che non la perfezione.” (Rita Levi Montalcini) E tu, quanto ti senti meravigliosamente imperfetto? Sorrisi! Lucia Gerardi
da Antonio Quaglietta | Ago 11, 2014 | Blog
Hai mai avuto l’occasione di osservare un artista che riesce a trasformare dei semplici calici riempiti con acqua in uno strumento per dare vita a una meravigliosa melodia? La prima volta che mi è capitato è stato ad un matrimonio e ne sono rimasta profondamente affascinata. Ultimamente mi è successo di riascoltare questa musica angelica in un video e questo è stato uno spunto per riflettere sui comportamenti e sugli atteggiamenti che noi abbiamo con noi stessi e con gli altri. Il più delle volte viviamo e agiamo in maniera così automatica da dare per scontate le nostre esistenze. Abbiamo spesso la tendenza a muoverci con inerzia e a lasciarci andare alla quotidianità senza renderci conto di quanto potenziale abbiamo e di come potremmo utilizzarlo a vantaggio di tutti. In questo caso, mi è venuto da pensare che ci comportiamo come dei semplici bicchieri. Ti è mai successo di sentirti così? A me in passato tante volte. Esistevo ma non vivevo, mi comportavo da semplice bicchiere e non mi rendevo conto di quello che invece realmente avevo dentro di me e di come avrei potuto utilizzarlo per creare delle melodie! La prima cosa che, dunque, occorre vedere è che non siamo semplici bicchieri, ma bicchieri di cristallo! E come tali abbiamo la potenzialità di trasformare quello che è in noi – nel caso del bicchiere di cristallo è l’acqua, nel caso di una persona è la sua anima o la sua interiorità o il suo spirito, non ha importanza come lo chiami – in splendide armonie, capaci di elevarsi e di trasmettere energia positiva agli altri. Quando ti rendi conto di poter creare armoniose melodie, ti garantisco che tutta la tua vita si trasforma in un’opera : inizierai ad agire in modo da realizzare i tuoi obiettivi e i tuoi sogni, un passo per volta, con i giusti tempi e modi e tutto ciò che ti circonda assumerà un senso diverso, perché sai che puoi arrivare dovunque tu voglia, ne hai tutte le capacità. Rinascerai e avverrà in maniera così fluida che quasi non te ne renderai conto. Anche i problemi e gli ostacoli potranno essere affrontati in maniera diversa, perché, osservandoli con nuovi occhi, diventeranno occasione di ulteriore crescita. Inoltre, ti accorgerai anche che queste vibrazioni che hai iniziato a sentire in te, saranno emanate all’esterno e coloro che ti circondano le avvertiranno, ti osserveranno e capiranno che lo stesso potenziale è anche in loro. Ti trasformerai in un esempio positivo e potresti diventare una persona che diffonde una modalità diversa per raggiungere ben-essere (questo concetto ‘separato’ me l’ha insegnato Antonio! ) a tutti coloro che incontri sul tuo cammino. Quindi, inizia a vederti realmente per quello che sei, osservati nelle tue azioni, prendi consapevolezza di ciò che fai oggi e di come potresti modificarlo al meglio per trasformare la tua vita in una straordinaria melodia. Come fare? Innanzitutto, comincia ad essere conscio delle tue reali possibilità, prenditi del tempo e rivolgiti delle domande potenti (ricorda, una domanda potente può dare un indirizzo nuovo al tuo percorso, poiché è in grado di accrescere il tuo potere personale e le tue potenzialità): – Quali sono le qualità che mi caratterizzano? (Consapevolezza delle tue abilità) – Come sto esprimendo al meglio me stesso in questo momento della mia vita? (Consapevolezza delle tue azioni) – Se non lo sto facendo, cosa posso fare per modificare le mie azioni e dare il meglio di me? (Consapevolezza della tua respons-abilità) – Cosa voglio realmente realizzare per la mia felicità? (Focalizzazione sull’obiettivo) Rispondi a queste domande, magari stilando anche una lista e se qualcosa non ti piace o ti risulta poco chiaro, soprattutto per quanto riguarda la focalizzazione sull’obiettivo, aggiustala fino a che non ti accorgi di aver trovato la ‘tua’ formula esatta. Dopo ti rimane solo una cosa da fare: AGIRE! Inizia a muovere le mani sul tuo cristallo per suonare la tua melodia, rimarrai stupito da quanto sarà splendida! Ora guarda il video e , ascoltando la musica, pensa a ciò che ti ho detto: immaginati esattamente come l’artista che con le sue mani crea musica da quelli che apparentemente sembrano dei semplici calici… Prima di lasciarci ti chiedo: ci avevi mai pensato prima? Ti eri mai sentito un essere in grado di emanare bellezza? Lascia il tuo commento che sarà certamente un ottimo spunto di riflessione per tanti e condividi questo post: ricorda, cresciamo condividendo! Sorrisi! Lucia Gerardi
da Antonio Quaglietta | Lug 8, 2014 | Blog
Tempo fa organizzai a Roma degli incontri basati sulla domanda “Come faccio ad essere felice?” Per me è una domanda centrale per dare una direzione ed un senso all’umano esistere. Mi resi conto, tuttavia, che sussiste sia una grande confusione sulla definizione di “felicità”, sia quasi un’incredulità (come se fosse una fede!) nell’esistenza di questo stato d’animo, che per me è un modo di porsi nella realtà. Le persone neanche se lo chiedono se sono felici e considerano la felicità superflua nell’esistenza, molto più delle vacanze estive o del vestito firmato o della dieta. Il massimo a cui, generalmente, le persone aspirano è la serenità, ovvero una tranquillità oziosa, in cui crogiolarsi senza desideri ed aspirazioni, come su un’amaca, come, idealmente, nel grembo materno. D’altronde, io stessa per decenni ho attribuito alla felicità un valore quasi di ideale utopico, come di un orizzonte che più ti avvicini e più si allontana. Nondimeno, nel corso della vita personale e professionale sono andata via via sperimentando e discriminando una gamma infinita di sensazioni e stati d’animo, che col tempo hanno preso, da un confuso magma affettivo, forme autonome e chiaramente discriminabili. Dunque, ho potuto verificare come il piacere sia, solitamente, il prodotto di un desiderio realizzato, del raggiungimento di un traguardo, della soddisfazione di un bisogno. Ovvero, il piacere si genera attraverso un’azione, più o meno consapevole e si esaurisce in un certo lasso di tempo. Il piacere è uno stato d’animo individuale, soggettivo, perché i desideri sono personali e anche i bisogni in un certo senso. Infatti, a parità di appetito, una persona preferirà sapori intensi, un’altra delicati, un’altra preferirà spizzicare, un’altra ancora abbuffarsi. Questa distinzione vale per tutti i tipi di appetiti e di bisogni, dal momento che il piacere sorge dalla soddisfazione di una necessità. Il problema è che spesso la rincorsa ad un piacere sempre più prolungato provoca dipendenza e assuefazione all’oggetto di piacere, che, divenendo l’unico obiettivo dell’esistenza, assume una centralità rigida, ambivalente, che ostacola, paradossalmente, il raggiungimento della soddisfazione, resa amara, e quindi del piacere. Diversamente, la felicità ha un percorso indipendente. Al contrario di ciò che si pensa, è uno stato d’animo autonomo, uno dei più autonomi, dal momento che si origina nel mondo interiore e prescinde dall’oggetto. La felicità, pur accendendosi nella contingenza, non si esaurisce con essa. Essa diviene, se coltivata, un atteggiamento mentale, un approccio alla realtà, che prescinde dalla sgradevolezza delle circostanze. La felicità sgorga da un senso trovato, dal significato attribuito agli eventi, dal fluire del tempo e delle esperienze. Non è una méta, ma è il viaggio stesso, quando riusciamo ad essere centrati in noi completamente, che non significa egocentrismo, ma consapevolezza del dentro e del fuori. La felicità non prescinde dalle circostanze, ma non ne è schiava. Mentre il piacere non è riattivato dal ricordo della sazietà, la felicità si riattiva anche nella memoria, laddove il vissuto sia stato autenticamente pieno, consapevole, lucido e limpido, privo di qualsiasi retrogusto. Anch’essa, tuttavia, è un vissuto individuale, che non necessita di socializzazione, sebbene necessiti di un percorso per apprenderne il sapore e protrarne il gusto. Infine la gioia. Della gioia è ben più complesso parlare. La gioia è un’emozione condivisa , che nasce proprio nella condivisione. Non se ne intuisce il sapore, né lo si può alterare. Fluisce da una fonte profonda , dal nucleo intimo, nell’incantesimo magico dell’intimità con l’altro, , che non è solo amore sessuale, ma profondo riconoscimento reciproco, assoluto dialogo nel silenzio o incontro nelle parole. La gioia è l’arcobaleno che ti sorprende dopo un temporale misto di sole ed esplode dentro in zampilli festosi e mai terrificanti. In conclusione, il piacere è facilmente accessibile e si accontenta di oggetti per accendersi. Talvolta illude e sempre ha senso in sé, senza possibilità di trascendere, di andare oltre. La felicità, dal canto suo, è l’occhiale azzurro limpido con il quale si sta nella realtà, nelle cose che si fanno, nelle emozioni che si vivono. Non ha bisogno di un oggetto per manifestarsi, bensì di consapevolezza di essere pienamente in sé e di poter potrarla, custodirla e portarla con sé quasi come un amuleto contro la paura. La gioia, infine, è , oserei dire, un’esperienza mistica, evanescente come la rugiada sui fiori del mattino. E’ inconsistente, forse, ma indimenticabile nel momento in cui ci si lascia andare alla sua musica. E tu sei più orientato al piacere, alla gioia o alla felicità? Fammi conoscere i tuoi pensieri in merito! Daniela Troiani
da Antonio Quaglietta | Giu 23, 2014 | Blog
Nelle relazioni con gli altri un atteggiamento empatico è molto importante, soprattutto verso coloro che ci palesano delle difficoltà o delle sofferenze, ma concretamente l’empatia che cos’è? Brenè Brown, docente e ricercatrice dell’ Università di Houston, lo ha spiegato in modo semplice ed efficace in un bellissimo video, facendo comprendere bene anche la differenza tra l’empatia, che è “una scelta che ti mette in contatto con le altre persone” e la compassione (nel senso comune del temine, quando si intende ‘aver pena di’), che invece “guida le disconnessioni”. Inoltre ci aiuta a capire anche un’altra cosa: possiamo essere empatici solo se abbiamo la capacità e il coraggio di guardarci dentro e scovare i nostri lati più fragili. Ora regalati due minuti e rifletti su come puoi realmente stare vicino a chi ti sta aprendo il cuore. Buona visione! Cosa ti colpisce del video? Dopo averlo visto, ti senti più empatico o più compassionevole? Cosa puoi fare per migliorare il tuo comportamento? Aspetto di leggere i tuoi commenti! Antonio.
da Antonio Quaglietta | Giu 14, 2014 | Blog
Ciao, oggi ti propongo un’altra intervista a un uomo che è per me un maestro e da cui traggo ispirazione sia per la mia vita che per la mia professione: Mauro Scardovelli. E’ una personalità poliedrica, ha una formazione ricca e la sua attività è improntata alla condivisione di un certo tipo di sapere – quello che scuote e risveglia le consapevolezze – con tutti. Egli stesso definisce il suo blog come “un enorme magazzino (circa 600 pagine+ 800 video YouTube) in cui, quasi quotidianamente, inseriamo nuove pagine, riflessioni, contenuti”. E’ anche il fondatore di ALEPH, un’associazione senza scopo di lucro che promuove lo studio e la diffusione di modelli di comunicazione efficace, intrapsichica e interpersonale. Scopo dell’associazione è la ricerca e la diffusione di una nuova cultura e di una pratica educativa e terapeutica in grado di favorire il benessere psico-fisico delle persone, ponendo fine alla violenza e alla sofferenza nevrotica o non necessaria. In altre parole, la mission di Aleph è promuovere una cultura della pace, partendo dalla trasformazione del proprio mondo interno. Ascolta attentamente le parole di Mauro in questa intervista, gli spunti di riflessione che lancia sono tanti…sarei felice se condividessi con me cosa ti colpisce e i tuoi pensieri a riguardo. Buon ascolto! Quali sono i concetti che condividi? Cosa trovi che ci sia di innovativo e di diverso nelle sue parole? Lascia il tuo commento!!!
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