da Antonio Quaglietta | Gen 29, 2012 | Blog
Benvenuto in questa nuova tappa del nostro viaggio nella crescita personale! Oggi parliamo di comunicazione efficace e approfondiamo le implicazioni pratiche e quotidiane della comunicazione non verbale nella nostra vita. Spesso pensiamo che nella comunicazione conti esclusivamente o in massima parte ciò che diciamo, le informazioni che trasferiamo all’altro. Riteniamo che per comunicare efficacemente basti dire “le cose giuste” al di là di come le comunichiamo. Niente di più sbagliato! Nei due video che seguono, cerco di mostrarti chiaramente quanto il “come” esprimiamo le nostre idee e le nostre emozioni conti più del “cosa”. Ci sono due componenti della nostra comunicazione che psesso non teniamo in giusta considerazione e che determinano l’efficacia della stessa: La comunicazione non verbale fatta di gesti, mimica facciale, postura, sguardo, prossemica. La comunicazione paraverbale che attiene all’utilizzo della voce (volume, tono, ritmo, velocità, pause). Imparare a padroneggiare queste due componenti può essere davvero fondamentale per comunicare efficacemente e rendere le nostre relazioni più ricche e positive. Nei video ti mostro come spesso i conflitti relazionali nascono e si alimentano più sul “come” ci rivolgiamo all’altro che non sul puro contenuto della nostra comunicazione. Ecco cosa, a mio parere, intendiamo quando diciamo frasi come: “Avrà anche ragione ma non deve rivolgersi a me in quel modo…” “Se solo imparasse a dirlo gentilemente otterrebbe molto di più da me” “I suoi modi mi fanno perdere le staffe” Ti lascio ai due video sperando che ti piacciano e ti siano utili. Aspettiamo tutti il tuo sincero commento. Cresciamo Condividendo! Ti auguro una spelendida giornata Antonio P. S. se vuoi approfondire ulteriormente sul canale youtube trovi un terzo video sull’argomento:
da Antonio Quaglietta | Dic 30, 2011 | Blog
Bentrovato in questo nuovo passo verso la nostra crescita personale ricca di benessere. Oggi parliamo di felicità in questi tempi che sembrano avversi. Ce ne parla Daniela Troiani, una collega e amica che stimo molto dal punto di vista umano e professionale. Buona lettura. Cosa lasciare in tempo di crisi? Cosa lasciare nel l’anno che finisce, senza sentirsi troppo sprovvisti? La prima cosa che suggerirei di lasciare è la pigrizia sul divano davanti alla tv. Lasciamola sola la pigrizia, abbandoniamola. La pigrizia ci toglie le forze, che, invece, rinascono facendo cose, vedendo gente, vivendo emozioni, sgradevoli o piacevoli che siano. La pigrizia toglie la volontà e il coraggio, toglie la speranza. Capiamoci: il giusto riposo dopo una gran fatica è necessario e opportuno. La solitudine dopo un dolore o per creare un progetto sono momenti essenziali per passare oltre. La pigrizia, invece, è l’inerzia, è l’alienazione dagli altri, dal mondo e da noi stessi. La pigrizia frantuma in mille rivoli inutili il nostro pensiero, le nostre motivazioni, i nostri desideri. Tanto la calma del giusto riposo ci ridona entusiasmo ed energia, tanto la pigrizia svuota ogni azione di senso, di valore. Lasciamola sola sul divano sotto la copertina…e usciamo con gli amici, anche se ci hanno telefonato all’ultimo momento! Anche le inutili arrabbiature lasciamo. Ci sono situazioni, persone, eventi che non possono essere cambiati. Sono così e possiamo solo accettarli, ridurne al minimo gli effetti negativi sul nostro benessere. E allora smettiamola di arrabbiarci inutilmente per cose che non si possono cambiare. La rabbia, maldiretta, è uno spreco di energia, che, al contrario, potrebbe essere utilizzata per modificare ciò che delle situazioni può essere migliorato. Impediamo alla rabbia di portarci al guinzaglio e chiudiamo i suoi eccessi in un cassetto di cui butteremo poi la chiave. Anche delle dipendenze relazionali si può fare a meno. Né l’amore, né l’amicizia sono prigioni in cui scoppiare di esclusività. I rapporti si alimentano quando in essi si evolve, quando si hanno cose da narrare ed esperienze nuove da vivere. L’altro non può, né deve, essere la stampella della nostra felicità, la ragione per cui alzarci la mattina, l’ossigeno che respiriamo, l’altra metà della mela. Noi siamo interi e in noi stessi abbiamo tutto ciò che ci serve per vivere una vita piena. L’altro non è un bisogno, ma la possibilità di condividere , di riconoscersi nella diversa identità, di confrontarsi e scambiare opinioni, emozioni, cose buone e momenti difficili. L’altro non può, né deve essere, l’unico senso della vita. Il senso della vita è la vita stessa. L’altro è una delle ragioni, anche la più importante, ma non certo l’unica. Dunque, se l’altro è un cordone ombelicale, stacchiamolo da noi, dal momento che nostra madre ci partorì molto tempo fa e da quel momento siamo liberi. In questi difficili tempi di crisi, dove tutto sembra diventare precario e instabile, lascerei andare anche il narcisismo,che ci rende individualisti e chiusi nella fedeltà a noi stessi, alle nostre convinzioni, alle nostre sicurezze. La solidarietà, il riconoscimento vicendevole legittima le diversità e le rende risorse di crescita, di incontro, di integrazione reciproca. Dal castello in cui siamo arroccati rendiamoci disponibili ad abbassare il ponte che ci mette in comunicazione vera, profonda, autentica con chi ci è intorno. Solo così la nostra autonomia assumerà il valore di libertà sostanziale. In tempi di crisi, anche la perdita di noi stessi nell’evasione frivola e destabilizzante proprio ci è superflua.La lucidità emozionale e cognitiva possono farci cogliere, seppur minime, opportunità e occasioni, che sfuggono ad un’anima disattenta e persa. Rimaniamo presenti a noi stessi, alla nostra esistenza, anche quando sembra che il nostro benessere, la nostra qualità di vita sia nelle mani di altri. Siamo noi che diamo agli eventi il giusto valore. Siamo noi che possiamo trasformare le ferite in feritoie. Siamo noi che possiamo subirla la vita o scrivere di essa almeno le parti che dipendono da noi. Perciò rimaniamo lucidi, presenti a noi stessi, pronti e accesi. Tra le cose vecchie, getterei anche l’invidia per ciò che non abbiamo e non avremo mai, per ciò che gli altri hanno, per ciò che neanche osiamo desiderare. L’invidia e i paragoni corrodono la nostra capacità di godere di ciò che, nonostante tutto, siamo riusciti a costruire, a realizzare, a trasformare. Se la nostra attenzione rimane concentrata su ciò che non abbiamo, siamo destinati ad infelicità certa. Per essere felici anche in tempi avversi, la prima regola è guardare ciò che c’é , ciò che rimane, ciò che ancora ci appartiene. Ovvero, liberiamoci dalla tentazione depressiva, perché proprio non possiamo permettercela e , per esempio, sorridiamo alla possibilità di veder crescere il nostro bambino, mentre cerchiamo un lavoro che non c’é. Infine, in tempi tanto critici, alleggeriamoci dalle nostre paure. La paura ci rende cauti, ma il panico può paralizzarci. Il controllo di molte situazioni non lo possiamo avere. Ma l’esperienza ci ha insegnato che sappiamo cavarcela in molti eventi, anzi, quasi sempre abbiamo trovato soluzioni ai nostri problemi, soluzioni efficaci. Scegliamo una o due o tre paure da buttar via, affinché il nostro passo possa divenire più leggero e il nostro sguardo verso il futuro più limpido. In tempo di crisi, scegliamo il coraggio. Ti auguro una splendida giornata! Daniela Troiani
da Antonio Quaglietta | Dic 22, 2011 | Blog
Bentrovato in questa nuova esperienza di crescita personale. Questo post è diverso dagli altri perchè è una semplice storia, la storia vera di una persona che come ognuno di noi è in cammino con il suo zaino pieno della propria imperfetta ma strepitosa umanità. Questa meravigliosa ragazza, che qui chiamerò Elena, l’ho incontrata qualche mese fa e la sua prima frase che ricordo è “Non so più cosa fare!”. Elena era prigioniera delle sue paure, paure che ogni giorno sembravano ingigantirsi, prendere forza e toglierne a lei. Cercava qualcosa o qualcuno che potesse strapparle le paure da dentro per regalarle ciò che, con semplicità, chiamava “una vita normale”. Quel giorno, però, stava iniziando qualcosa di più grande, un incontro umano in cui di normale e scontato c’è sempre ben poco. In questo post voglio esprimere ciò che io ho imparato da Elena, la veritià di vita che insieme abbiamo riscoperto: non esistono formule magiche, la vita non è sempre bella ma è vera e se vista, accettata e affrontata, nella sua verità può essere anche stupefacente. Quando Elena ha sentito che non poteva cancellare la paura ma poteva solo affrontarla ha avuto i suoi attimi di incertezza, di delusione ma subito dopo ha percepito che, distrutta la sua illusione della magia che risolve i problemi, stava iniziando il suo vero e personale cammino. Il primo traguardo di Elena è stato vedere la paura, guardarla dritta in faccia e capire che non era un nemico estraneo e inaffrontabile ma solo una sua emozione. Da quel momento Elena, acquisendo strumenti semplici per percorrere il suo cammino, ha iniziato ad affrontare le sue paure e a percepire che ogni cosa nuova che riusciva a fare la rinforzava, ogni cosa che evitava la indeboliva. Ogni passo fatto verso le sue paure guardandole negli occhi e non nel senso opposto, scappando di spalle, era un metro in più verso la sua libertà. Lo sforzo immane che, a volte, le ho visto compiere per affrontare i fantasmi, che fino ad allora l’avevano terrorizzata, era pari solo al sorriso dei suoi occhi per i metri rubati. Ha vissuto momenti di scoraggiamento e di stanchezza ma alla tentazione di tornare indietro ha sempre contrapposto la visione della sua libertà. Elena non ha mai mollato. Il secondo traguardo che Elena ha raggiunto è stato sentire che lei non è e non può essere “una persona normale”, perchè è unica, è lei, è Elena. Ha visto, così, la sua seconda zavorra: il continuo confronto con gli altri, o meglio, con l’apparente forza che tutti cercano di sbandierare ai venti. Elena ora sa che ha i suoi modi, i suoi tempi, il suo percorso e continua nel suo cammino, passo dopo passo, giorno dopo giorno. Concentra la sua attenzione su se stessa, sulle conquiste e sui metri che ruba alla paura, sul senso di libertà che man mano cresce in lei. Il traguardo più grande che Elena ha raggiunto è la sua umanità fatta di fragilità e forza di alti e bassi ma non più di illusioni puntualmente deluse, di pensiero magico e pozioni miracolose. Oggi sa che non c’è un traguardo finale ma semplicemente “la via è la meta”. Elena cammina, passo dopo passo. Oggi sa che la paura c’è ma lei non ha più paura della paura e la affronta a viso aperto. Elena ha imparato che “Le uniche ferite che non guariscono sono quelle delle battaglie che non combattiamo” Questo post è il mio regalo di Natale a lei, al suo coraggio, al suo sforzo quotidiano, alla sua umanità. Grazie Elena! Continua così passo, dopo passo…dopo passo… e che il tuo viaggio sia colmo di amore. Antonio
da Antonio Quaglietta | Dic 12, 2011 | Blog
Bentrovato in questa nuova tappa del nostro viaggio nel mondo della crescita personale. “Ciò che cresce lentamente costruisce profonde radici” detto Zen Nell’era della fretta, della perfomance, dell’immagine, del fare.. un invito a rallentare, ad osservare senza modificare o manipolare nulla, ad Essere. Contro corrente…apparentemente: nella quiete della mente le idee migliori, nel contatto profondo con se stessi la chiarezza di procedere, nella scoperta di una più ampia percezione di sé stessi stabilità e fiducia che non dipendono dalle mutevoli condizioni esterne. Uno degli aspetti principali dello yoga e comunemente il più conosciuto sono le asana, particolari forme, posizioni del corpo. Asana vuol dire stare, sono quindi forme che si prendono e si mantengono nell’immobilità a secondo delle capacità e del sentire individuale, nel rispetto dei propri limiti. In linea generale si può parlare di un’azione drenante, tonificante, di miglioramento della postura…ma una caratteristica che distingue questo tipo di lavoro sul corpo da altri tipi di discipline fisiche e che mantenendo una particolare asana –forma, il respiro si focalizza su determinati centri vitali del corpo e i loro organi, attivando una processo di rigenerazione e miglioramento delle funzioni vitali, quali digestione ed eliminazione, miglior tono dell’apparato cardiocircolatorio, delle ghiandole endocrine regolarizzando la produzione ormonale e ognuna di queste forme ha un’azione differente e specifica. Corpo, mente, emotività sono inscindibili parti di una stessa realtà. E quando il corpo cambia la mente cambia…agire sulla parte più concreta di noi stessi, il corpo, per sperimentare un’ espansione della coscienza, benessere e consapevolezza. Ed è così che lo yoga propone numerosissime forme che ci portano a vivere il corpo in modo nuovo, a volte assolutamente inusuale…se ci pensi di solito sperimentiamo il nostro corpo in pochissime forme: seduti, sdraiati, in piedi…e poco più. Rompere gli schemi per lo più limitatissimi che comunemente abbiamo del nostro corpo aiuta anche a rompere gli schemi della mente, la possibilità di SENTIRE il corpo in modo nuovo ci porta e sentire e vivere noi stessi in modo molto più ampio. E percepire se stessi sempre più liberi da limitazioni e rigidità, oltre a tutti i benefici fisici è una straordinaria occasione di crescita! Ovviamente l’ideale sarebbe fare un percorso con un’insegnante, ma anche sperimentare un poco per volta da soli può essere comunque un esperienza significativa. ..e se qualcosa non è chiaro..fammi sapere!! Per un approfondimento, queste pratiche di Yoga Ratna si trovano dettagliatamente descritte e raffigurate nei libri della Maestra Gabriella Cella Al Chamali. Utkata asana La posizione potente. Il simbolo indica vigore e trasformazione, non a caso tra i benefici l’effetto di rafforzare il corpo e la mente. Esecuzione: in piedi, le gambe unite. I palmi delle mani si toccano i pollici si incrociano tra di loro. Inspirando le braccia si distendono lungo la linea delle orecchie ed espirando le ginocchia si flettono un poco, le piante dei piedi rimangono ben presenti alla terra e le ginocchia in contatto tra di loro. La posizione si mantiene nell’immobilità. Le spalle spingono un poco verso terra le mani verso il cielo. Mantieni la posizione ricordandoti che il corpo è il tuo primo maestro, quindi ascoltalo, sii presente ad ogni sensazione che affiora in particolare al ritmo del respiro. Un attimo prima che arrivi la fatica, inspira più profondamente ed espirando sciogli la posizione. Prenditi qualche istante ad occhi chiusi per ascoltare le sensazioni che la forma ti ha lasciato: il corpo cambia, la mente cambia… Benefici: scioglie le articolazione delle spalle, migliora la postura, rafforza tutto il corpo in particolare la schiena, migliora le capacità respiratoria. BUONA PRATICA! Shanti Brancolini
da Antonio Quaglietta | Dic 5, 2011 | Blog
Ciao, bentrovato in questa nuova esperienza di crescita personale. Prendendo spunto da una mail inviatami da una lettrice, voglio oggi parlare di come prendere le decisioni. Meglio ancora vedremo cosa spesso ci impedisce di prendere decisioni e ci fa pensare di non saper decidere. Partiamo col dire che non c’è un gene della decisione o almeno non lo hanno ancora scoperto, ciò significa che ognuno di noi è capace di prendere decisioni e nessuno è “negato” nel farlo, come qualcuno mi ha scritto. Aggiungiamo poi che prendiamo decisioni continuamente; ogni giorno, ogni ora noi viviamo prendendo decisioni ed effettuando scelte. Perchè allora a volte ci blocchiamo nell’operare una scelta o prendere una decisione? Cerchiamo di dare qualche risposta utile a questa domanda, considerando tre fattori che possono ostacolare la nostra capacità di decidere: 1) l’importanza percepita della decisione. Spesso tanto più percepiamo una decisione come importante, tanto meno riusciamo a decidere. Esattamente come i giocatori che sbagliano un rigore ai mondiali… non possiamo pensare che non sappiano segnare un rigore, altrimenti non sarebbero là. Cosa accade allora? Sono invasi dalle emozioni perchè sentono il “peso” della responsabilità che hanno in quell’unico tiro. La mente viene paralizzata dall’emotività, le gambe tremano, cercano di pensare a ogni particolare di controllare tutto… e perdono il controllo. Nei momenti importanti non conta la tecnica quanto l’esperienza nel rimanere calmi e rilassati, nel gestire la tensione emotiva. Molte volte ci mettiamo nello stato d’animo peggiore e pretendiamo di prendere buone decisioni… la calma produce buone decisioni! La paura di sbagliare è ciò che produce lo sbaglio! 2) La ricerca della decisione perfetta. Spesso, specialmente quando percepiamo una decisione come importante, cerchiamo la soluzione “perfetta” quella che non abbia contraccolpi per noi e per altri, che salvi capra e cavoli, che risolva totalmente il problema etc. etc. Frasi tipiche che indicano questa modalità sono: “Voglio chiudere questa relazione… ma senza soffrire né far soffrire nessuno” “Voglio un prodotto ottimo, economico, e in pronta consegna” “Chiedo solo un lavoro che sia gratificante, ben pagato, che mi faccia crescere professionalmente e che abbia orari comodi” “Voglio cambiare rimanendo come sono”. Dobbiamo comprendere che la soluzione ideale o perfetta non esiste. Scegliere significa di per se prendere una strada per abbandonare tutte le altre percorribili. Ogni strada ha lati “positivi” e “negativi”. Decidere è ottenere qualcosa per rinunciare a qualcos’altro; finchè non siamo disposti a vedere chiaramente questo, difficilmente saremo in grado di decidere. Qualche volta una saggia decisione è anche saper scegliere “il meno peggio” ovvero ciò che non ci piace molto, che non salva tutto, ma che, in quel preciso momento, ci sembra procurare i danni minori. 3) Avere il controllo su tutte le variabili della decisione. Ecco un altro bel virus decisionale. Specialmente chi ha attitudine al controllo razionale della propria vita e percepisce molto la paura di commettere errori, tende a voler controllare tutto per essere sicuro di fare la scelta giusta. Proviamo a pensare che non possiamo controllare tutto, le variabili in gioco in ogni scelta sono sempre di due tipi: Ciò che dipende da noi Ciò che è fuori dal nostro controllo Possiamo cercare di controllare ciò che dipende da noi ma già in questo caso le variabili saranno talmente tante che conviene selezionare quelle per noi più importanti e concentrarci su quelle. E per ciò che non dipende da noi? Imparare ad affidarsi, a sperare, a lasciarsi andare. Per me, che sono cristiano, questa parte è riservata a Dio alla cui provvidenza mi affido e di cui mi fido. Per chi non crede può essere la vita, l’universo, il caso, il destino, il karma, le coincidenze… qualcosa che non puoi controllare ma di cui puoi fidarti. Come vedi, tutto ciò che ci impedisce di scegliere gira intorno a un punto focale, l’illusione della scelta giusta… la scelta perfetta! Una scelta è giusta: in un momento per qualcuno in base alle informazioni che abbiamo nello stato d’animo che viviamo Dunque sintetizzando lasciamoci con un Esercizio pratico per prendere decisioni: 1) cerca un luogo e un tempo preciso da dedicare alla tua decisione. Pensarci continuamente, non ti aiuta, ti confonde e rovina anche le altre attività a cui ti stai dedicando. 2) Disponiti nello stato d’animo giusto. Dedica tempo a ritrovare la tua calma, il giusto distacco, la lucidità. Se senti che hai paura, ti senti pressata/o, agitata/o… concentrati e prendi il tempo necessario a modificare il tuo stato d’animo. 3) Se non riesci a decidere impara ad aspettare ma datti una scadenza. Una scelta non sempre è e può essere immediata…concediti il tempo per decidere ma fissa una scadenza per evitare che sia un alibi per non decidere. 4) Fissa una lista delle variabili per te fondamentali e disponile in ordine di importanza. Se non ti dai un ordine di importanza preciso non saprai mai orientarti nella scelta; è necessario capire cosa non siamo disposti a perdere e a cosa possiamo rinunciare per scegliere. 4) Ricorda che nessuna scelta è definitiva o irrimediabile. Scegliere è un processo continuo e come un fiume che scorre. Ogni scelta richiama altre scelte che necessitano di altre scelte…che portano ad altre scelte. La scelta definitiva non esiste… ma se pensi che sia quella che devi prendere adesso ti bloccherai di sicuro! 5) Scegliere di non scegliere è una scelta! No comment… Spero che queste piccole riflessioni ti siano utili e ti aiutino a prendere la decisione giusta e perfetta! :)) Fammi sapere cosa ne pensi lasciando il tuo commento. Ti auguro una splendida giornata! Antonio
da Antonio Quaglietta | Nov 27, 2011 | Blog
Ciao, bentrovato a questo nuovo appuntamento del nostro viaggio nel mondo della crescita personale. Oggi entriamo nell’universo delle nostre emozioni profonde parlando di perdono. Per comprendere pienamente il potere del perdono e cosa precisamente significa perdonare è utile porsi qualche domanda iniziale: Come stai quando provi rabbia, rancore, odio? Come stai quando provi gioia, serenità e pace? Credo che le risposte siano alquanto scontate. Le prime emozioni producono malessere, le seconde benessere. Le emozioni hanno un’altra caratteristica fondamentale, si accumulano e si radicano dentro di noi costruendo veri e propri accampamenti stabili nel nostro cuore. Quando per troppo tempo il nostro cuore è abitato da emozioni “negative” il nostro benessere di fondo è sempre più difficle da mantenere. Tutto questo però molto spesso avviene sotto la soglia della nostra consapevolezza e noi percepiamo solo le conseguenze, irritabilità, accessi di rabbia frequenti, insoddisfazione, vuoto, debolezza e mancanza di gioia, ignorandone le cause. Il perdono, in questo processo, occupa un ruolo fondamentale poichè è una azione potente per riportare la calma nella burrasca delle nostre emozioni. Partiamo da un punto fondamentale, lungi dall’essere perfetti, siamo tutti umani ovvero destinati, nelle nostre relazioni quotidiane, a commettere piccoli grandi errori. Ogni giorno, con i nostri comportamenti, deludiamo noi stessi e gli altri e siamo delusi da noi stessi e dagli altri. Proviamo a prendere questo come un punto inevitabile, una certezza: Siamo tutti perfetti… nella nostra umana imperfezione! Conviene vederlo, accettarlo, impegnandoci a migliorare continuamente e a rendere sane e vere le nostre relazioni con noi stessi, gli altri, il mondo. Per perdonare occorre dunque: Comprendere che gli errori sono inevitabili per ognuno di noi Vedere con chiarezza i nostri errori e quelli altrui Abbandonare una posizione di giudizio e condanna Sentire che il perdono è un atteggiamento costruttivo soprattutto per chi lo mette in atto Saper prendersi cura delle proprie ferite Ogni sopraffazione, delusione, equivoco, o incomprensione, nella relazione con noi stessi e con gli altri, ci procura delle ferite che, se lasciate a se stesse, producono emozioni negative, chiusura, distacco. Immagina ora quante piccole e grandi ferite hai accumulato nella tua vita e accumuli quotidianamente…tantissime! Se non le curi, quanta spazzatura emotiva si ammassa dentro di te? Perdonare se stessi e gli altri è, appunto, un modo per curare queste ferite riportando benessere e vitalità dentro di noi. Un altro punto fondamentale è che il perdono è un atto intenzionale, spesso difficle ma intenzionale. Non si perdona spontaneamente; quando diciamo che perdoniamo automaticamente significa che stiamo accantonando la nostra ferita, stiamo congelando il dolore derivato, stiamo rimuovendo e ignorando ciò che ci hanno fatto. Tutto ciò che sembra cancellato continua, però, a esistere e a produrre conseguenze, sotto la soglia della nostra consapevolezza. Perdonare non è dimenticare o cancellare ma affrontare il male che ci siamo o ci hanno fatto…curando le ferite prodotte! Il perdono è un processo non una azione immediata e possiamo distinguere delle fasi o passi necessari al perdono autentico: Decidere di perdonare e volerlo davvero Vedere con chiarezza e distacco ciò che abbiamo o ci hanno fatto Sentire il dolore che queste ferite producono Comprendere che non possiamo tornare indietro o cancellare gli eventi Accettare che non a tutto c’è un motivo, una causa unica logica e razionale. Ostinarsi a voler comprendere razionalmente tutto prima di perdonare è spesso un ottimo modo di non perdonare. A volte dobbiamo accettare che esiste un momento di cattiveria gratuita, un motivo talmente profondo e personale in chi ci ha ferito che può sfuggire alla nostra comprensione. Sentire che è un atto fondamentale per il nostro benessere e la nostra crescita; perdonare migliora la nostra vita al di là di quella di chi ci ha ferito Vivere il per-dono come un atto di amore. Si perdona gratuitamente, per-dono non per ottenere qualcosa in una relazione. Rimandando a un post successivo i moltissimi approfondimenti possibili su questo fondamentale tema, desidero lasciarti con tre chiarimenti spesso richiesti sul perdono e con un esercizio pratico. Tante persone mi chiedono se: Per perdonare non è necessario che chi ci ha ferito ci chieda scusa e chieda il nostro perdono? Qui distinguiamo due tipi di perdono il perdono personale è interno e ci permette di tornare in pace con noi stessi e di non accumulare le conseguenze della ferita dentro di noi; questo non ha bisogno della partecipazione attiva dell’altro. il perdono relazionale che sana delle ferite tra persone e permette a una relazione di crescere ed evolvere; questo ha bisogno del riconoscimento da parte di entrambi del male e della ferita prodotta, di scuse sincere e rischiesta di perdono. Perdonare significa permettere all’altro di continuare a farci del male? Assolutamente no, perdonare significa anche apprendere e capire se chi ci ha fatto male può rifarlo. in questo caso alzare le giuste difese o allontanare chi può farci del male per preservarci è una sana e legittima decisione. Come mai riesco a perdonare facilmente tutti ma non me stesso/a? Perdonare se stessi appare spesso più difficle ma sinteticamente possiamo dire che quando non riusciamo a perdonare noi stessi il perdono che crediamo di concedere agli altri non è vero perdono ma paura di rimanere soli e dunque “cancellazione” del male che ci viene fatto. Noi amiamo gli altri nella misura in cui amiamo noi stessi… se vogliamo imparare il vero perdono iniziamo da noi. Bene passiamo all’azione! Esercizio pratico di perdono: Attenzione, per inziare, scegli una situazione in cui hai ricevuto o fatto un male leggero, qualcosa che puoi perdoare o perdonarti facilmente. Prendi un po’ di tempo per stare da sola/o Vedi chiaramemnte e ripercorri la situazione in cui ti sei procurata/o o ti hanno fatto del male Senti il dolore che questa ferita ti ha procurato Decidi con tutto, ragione e cuore, di donare il tuo perdono Vedi , nella tua mente, la persona che ti ha ferito o te stesso di fronte a te. Abbraccialo/ti e ad alta voce dici “Io ti perdono!”. Rimani un po’ così, in contatto con te e con l’altro, vivendo pienamente questo momento. Senti quanti nodi si sciolgono in te e nota con attenzione quali emozioni positive si sviluppano Condividi le tue storie di perdono lasciando un commento. Ti auguro una splendida giornata! Antonio
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