da Antonio Quaglietta | Feb 21, 2011 | Blog
Risorse per la crescita personale Ciao e ben trovato. Hai mai sentito parlare di QI, il famoso Quoziente Intellettivo? Immagino di sì, è una parola, oramai, di uso comune. Hai mai sentito parlare di IE, Intelligenza Emotiva? Certo è che i due concetti non hanno la stessa “fama”. Che cosa intendiamo, solitamente, valutando una persona come molto intelligente? Riesce nello studio, ha buona memoria, esegue calcoli velocemente etc. Ci riferiamo al famosissimo QI. Ma cos’è il Quoziente Intellettivo? “Il quoziente d’intelligenza o QI è un numero derivato da una serie di test standardizzati. Questi test misurano l’abilità di una persona nell’eseguire un certo numero di compiti ai quali la maggior parte delle persone cresciute in quella società saranno esposte, e quindi la capacità di una persona nell’assimilare e ripetere compiti intellettuali meccanici.” Alto quoziente intellettivo, alta felicità? Scopriamolo. Nasce spontanea una prima domanda: i problemi più rilevanti e le soddisfazioni più grandi quale ambito riguardano, quello emotivo o quello razionale? Di tutte le persone che conosco e che ho incontrato (nessuna a mio giudizio aveva un QI particolarmente basso), nessuna mi ha mai parlato con le lacrime agli occhi di un problema di calcolo, né di una grossa difficoltà con il computer, né del fatto che non ricordava a memoria un numero di telefono; non ho visto nemmeno persone toccare il cielo con un ditoo essere sinceramente grati alla vita per aver risolto un complesso problema di calcolo. Quando una persona parla un po’ di sé, del proprio senso di soddisfazione/insoddisfazione, di benessere/malessere o di felicità/infelicità, parla solitamente di problemi e soddisfazioni che riguardano emozioni, motivazione, rapporti personali, valori, senso d’identità. Vediamo un altro aspetto fondamentale, le persone che ti attraggono quali qualità esprimono? A) Velocità di calcolo, capacità di memorizzare dati, nozionismo, velocità nel ripetere compiti meccanici. B) Capacità di motivarsi, di vedere il positivo e farlo vedere agli altri, capacità di comunicare efficacemente e di costruire e mantenere buone relazioni, capacità di gestire le proprie emozioni anche nei momenti critici, capacità di prevenire, disinnescare e gestire i conflitti interpersonali. Metteresti la crocetta su A o B? QI o Intelligenza emotiva? I grandi leader dell’umanità, gli uomini che hanno infiammato i cuori e gli animi dei popoli, i personaggi i cui nomi tutti, prima o poi, sentiamo citare, coloro che hanno lasciato il segno nella storia dell’umanità, che qualità esprimono, A o B? QI o Intelligenza emotiva? Cambiamo ancora punto di vista, parliamo di te e della tua vita. Rileggi attentamente le caratteristiche del QI e dell’Intelligenza emotiva e valutane l’utilità per te nelle seguenti situazioni: famiglia, coppia, lavoro, amicizia, nuovi ambienti. QI o Intelligenza emotiva…Più A o più B? Ovviamente entrambe sono utili e necessarie per una buona qualità della vita ma credo ci siano pochi dubbi su quale totalizzi più punti nei vari contesti! Che lo vogliamo o no, siamo immersi in contesti umani e relazionali complessi, la frustrazione è sempre dietro l’angolo, il nostro equilibrio psicofisico è costamente messo alla prova. Creare e mantenere un equilibrio interiore forte, stabile, soddisfacente significa assicurasri benessere personale e relazionale; Vuol dire “costruire la nostra casa sulla roccia”. A cosa serve avere 3 lauree se non so accrescere la mia umanità e intessere relazioni stabili, ricche e soddisfacenti? Le capacità che costituiscono l’intelligenza emotiva sono chiamate, infatti, anche competenze trasversali o meta competenze, sono competenze utili anzi necessarie in ogni ambito della vita. Le domande della settimana allora sono: – perché dedichiamo anni a sviluppare il QI ma poco tempo a sviluppare l’Intelligenza Emotiva e le meta competenze? – perché ci insegnano a guidare auto, utilizzare computer, eseguire compiti e non a costruire relazioni, motivarci, comprendere e gestire al meglio le nostre emozioni? Ti auguro una splendida settimana e buona riflessione! Commenta questo post a caldo, Cresciamo Condividendo! Antonio
da Antonio Quaglietta | Feb 6, 2011 | Blog
Riprendiamo il nostro viaggio nel mondo della crescita personale. Una scimmia aggrappata al suo ramo, vide passare un pesce nel fiume sottostante. Con una mossa velocissima lo prese e lo gettò sotto l’albero sulla terra ferma. Mentre il pesce sbatteva con tutta la forza cercando l’acqua, gli altri animali chiesero alla scimmia: ”Perché lo hai fatto?” e la risposta fu “L’ho salvata perché stava annegando!” Oggi parliamo della relazione di aiuto, non di quella professionale che s’instaura tra un facilitatore di cambiamento (Counselor, Coach, Formatore, Terapeuta) e i suoi clienti ma di quella parte di ogni relazione umana che riguarda l’aiutare l’altro. Tutti noi ci troviamo spesso a voler aiutare gli amici, il partner, i figli o i colleghi. Sembra scontato riuscire ad aiutare qualcuno ma non lo è per nulla. Quante volte ti è capitato di farti in quattro per aiutare una persona ottenendo solo rifiuto e opposizione? Non è strano né paradossale, anche la relazione di aiuto ha le sue “regole” non teoriche, non formali, non assolute, non complesse; pratiche, semplici, flessibili e poche. Sono importanti accorgimenti che migliorano la qualità dei risultati e che, come tutto il sapere che conta sulla nostra crescita personale, nessuno ci insegna. Vediamone qualcuna Nessuno può aiutare chi non vuole essere aiutato Troppe volte cadiamo nella pessima abitudine di imporre il nostro aiuto invece di offrirlo. Noi decidiamo che l’altro ha bisogno di noi, noi decidiamo cosa sia meglio per lui, noi decidiamo i tempi e i modi. L’altro deve solo accettare. Questo va bene per un neonato che dipende dalle nostre cure ma non tra adulti. Che cosa succede di solito in questi casi? Si va in conflitto. L’aiuto si può solo offrire non imporre. Esiste l’aiuto utile e l’aiuto dannoso Sì, molto spesso l’aiuto può essere dannoso perché lascia la persona che aiutiamo in una condizione di dipendenza e debolezza. L’aiuto utile è quello che lascia l’altro in una condizione migliore di quella in cui si trova prima del nostro intervento, che accresce la sua fiducia in se stesso, la sua autostima e la sua libertà. L’aiuto utile è educativo, porta cioè la persona che aiutiamo a scoprire, utilizzare e accrescere le proprie risorse . Se una persona cui teniamo molto ha paura di fare qualcosa, sostituendoci a lei e agendo al suo posto, probabilmente risolveremo il problema in quella singola situazione e ci sembrerà di averla aiutata. La volta successiva però,secondo te, lui si sentirà più capace di farcela da solo o meno capace? Verificalo quante volte vuoi, sostituendoti a lui, accresci il suo vero problema, la paura. Si sentirà sempre meno capace di affrontare la situazione. Se dai un pesce a un uomo lo sfami per un giorno, se gli insegni a pescare si procurerà cibo per la vita. Quando aiuti contano i risultati che ottieni non le tue intenzioni Che cosa voglio ottenere aiutandolo/la? Questa è una domanda che è doveroso porsi perché spesso con le migliori intenzioni (aiutare) otteniamo i peggiori risultati (conflitto e incomprensione). Se con “Ti voglio aiutare” intendo “ Posso e voglio essere una risorsa per te”, accetterò serenamente che l’altro sia responsabile della propria vita, delle proprie difficoltà e decida come, quando e se avvalersi del mio intervento. Se al contrario, voglio ottenere il merito della soluzione del problema, la gratitudine dell’altro o la dipendenza di questa persona da me tenderò a reagire con rabbia ai suoi normali tentativi di rendersi indipendente. Nelle nostre relazioni più importanti (coppia, famiglia, amicizia, lavoro) il delicato equilibrio “difficoltà-aiuto” ha un ruolo fondamentale per il benessere relazionale. Si possono ottenere risultati soddisfacenti per tutti o innescare pericolosi giochi di potere anche non avendone le intenzioni. Per aiutarti a migliorare le relazioni, desidero offrirti un bonus davvero speciale su questo importante e delicato argomento, una completa videolezione, in due parti, su come essere efficaci e produttivi nell’aiuto. Ti mostro come riconoscere e disinnescare un diffusissimo gioco relazionale legato al momento dell’aiuto. Buona visione! Lascia un commento e condividi le tue riflessioni a caldo sul delicato tema dell’aiuto. Cresciamo Condividendo! Splendida giornata a te! Antonio
da Antonio Quaglietta | Gen 30, 2011 | Blog
Ben trovato per questa nuova tappa del nostro viaggio nel mondo della crescita personale. Con questo post sul lamentarsi, rispondo a Elena che mi chiede: “Che cosa posso fare per migliorare il mio carattere lamentoso?”. Cara Elena, innanzitutto, grazie di aver proposto questo tema. Nella tua richiesta ci sono tanti utilissimi spunti di riflessione, mi soffermo prima di tutto sulla definizione di “carattere lamentoso”. Rimandando a un prossimo post un approfondimento sul carattere, concentriamoci ora sulla lamentela, sull’arte di lamentarsi. La lamentela è una ragnatela che tessiamo giorno dopo giorno per poi rimanerne imprigionati! Perché siamo portati a lamentarci? Prima trappola in cui spesso cadiamo è quella di considerare la tendenza a lamentarsi (“lamentosità”) un tratto caratteriale. Attenzione, la lamentela non è un tratto caratteriale o di personalità, lamentarsi è un’abitudine. Sì, lamentarsi è una gran brutta abitudine che apprendiamo e continuiamo a praticare quotidianamente fino a renderla automatica… così la chiamiamo carattere. La seconda trappola da evitare è la diffusa convinzione limitante che ci mostra la lamentela come qualcosa di utile. È innegabile, però, che lamentarsi produca degli effetti, vediamo un po’ quali: Mantiene la mente concentrata sul problema. Attenzione però, non su diversi problemi ma sempre sullo stesso; Riporta alla mente le emozioni negative legate all’esperienza di cui ci lamentiamo mantenendole costantemente vive e presenti; Impedisce nuove visioni che ci permettono di inquadrare in modo diverso il problema; Mantiene i nostri pensieri legati al passato, al peggio del passato, togliendo energia al presente; Ci fa pensare, rimuginare, scervellare… impedendoci di agire; Uccide la convinzione della possibilità di un cambiamento; Ci fa identificare con i nostri pensieri e sentimenti negativi. Quanta utilità troviamo in questi effetti del lamentarsi è poi una valutazione assolutamente soggettiva. La terza grande trappola del lamentarsi è pensare che lamentandosi ci si sfoga, ci si libera dalle emozioni negative. A questo proposito una precisazione va assolutamente fatta, distinguiamo lo sfogo dalla lamentela. Lo sfogo, il tirar fuori e condividere le nostre emozioni legate a un avvenimento, il racconto dell’avvenimento stesso sono assolutamente utili per dar compimento a un’esperienza negativa ed elaborarla. Lo sfogo però ha una durata limitata nel tempo. La lamentela, invece, è uno sfogo che non ha una fine. Lamentarsi è un’abitudine quotidiana che non ha una fine; o la fermi o diventa la tua ombra. Tutti viviamo esperienze negative, delusioni, dolori, ingiustizie, perdite. In questi momenti, è molto utile condividere con le persone vicine le proprie emozioni e il proprio vissuto, dar voce al proprio sentire; non facendolo rischio di trattenere tutto dentro e di accrescere il malessere. Se però parlo esclusivamente di questa esperienza, concentro i miei pensieri sulla negatività, continuo a parlarne per mesi, alimento anche senso d’ingiustizia e avversità con frasi come: “Capitano tutte a me”, “Sono sfortunato”, “Perché solo a me”, allora non ci sono dubbi, mi sto proprio lamentando e lamentarsi alimenta il malessere non mi fa condividere un vissuto. Vediamo alcuni piccoli suggerimenti utili per smettere di lamentarsi: La lamentela è solo un’abitudine mentale, inizia a crearne altre più positive; Scegli un luogo preciso per lamentarti e dedica un tempo massimo al giorno alle lamentele… poi riducilo man mano; Inizia ad avere il tuo giorno “NO LAMENTELA” nella settimana. In questo giorno, appena noti che ti stai lamentando di qualcosa o stai fissando il pensiero su qualcosa che non va, ti dici “STOP!” e cambi pensiero e argomento. Sposta il focus sulle cose positive che la vita ti offre inizia a praticare la gratitudine Evita di dire e pensare che hai un carattere lamentoso; inizia piuttosto a dire e pensare che stai uscendo dal tunnel della lamentela! Fammi sapere come va, ti auguro tanti splendidi giorni di benessere e cambiamento!
da Antonio Quaglietta | Gen 20, 2011 | Blog
Nuova tappa nel mondo della crescita personale. Addentriamoci oggi un po’ di più nel mondo della coppia e soprattutto di cosa accade nelle crisi di coppia. La crisi di coppia è un momento inevitabile in una relazione sentimentale ma, se affrontato senza eccessive paure, rappresenta una ottima opportunità di passaggio verso nuovi equilibri. Molti sono gli aspetti di una crisi di coppia, noi ci soffermiamo sulla comunicazione della coppia in crisi. Perché è così importante la comunicazione non solo nella coppia ma in ogni rapporto? Perché sostanzialmente ogni rapporto vive di comunicazione ed è basato su di essa. “Non si può non comunicare” questo è il primo presupposto della comunicazione e significa semplicemente che qualsiasi cosa che ognuno di noi fa o non fa è un messaggio per l’altro. Se parlo, se sto zitto, se guardo, se me ne vado, se resto, se sbuffo o se alzo semplicemente un sopracciglio sto inviando, che io voglia o non voglia farlo, un messaggio all’altro… che lo interpreterà a suo modo. La famosa frase “io non ho detto niente, non so perché reagisca così”, che solitamente significa “io non ho comunicato”, sta facendo tutto lui/lei, è, dunque, una frase priva di un significato reale. Dato che tutto è comunicazione vediamo cosa succede nelle coppie in crisi da questo punto di vista. Nella relazione sentimentale, soprattutto durante i momenti di crisi di coppia, ci si abitua a giocare un gioco relazionale molto pericoloso e soprattutto logorante per entrambi. Il gioco in questione è il “tu sei” Il gioco è molto semplice, basta partire da un qualsiasi futile argomento per ritrovarsi, dopo poche battute scambiate, a duellare a suon di frasi che iniziano con la magica formuletta “Tu sei”. Le due semplici paroline “tu sei”, dietro la loro apparente innocenza, nascondono in realtà molte insidie che ci impediscono di sfruttare la crisi di coppia in modo fruttuoso: Ci distraggono dall’argomento di cui stiamo discutendo; Fanno sentire l’altro attaccato nella propria identità tramite l’utilizzo del “Tu”; Innescano meccanismi di difesa che alzano l’emotività e ci impediscono di vedere in modo distaccato ciò di cui stiamo discutendo; Generano discussioni che appaiono ripetitive e sempre finalizzate al conflitto dandoci l’idea che non sia un momento di crisi della nostra coppia ma una guerra senza fine. In effetti, il dialogo, come condivisione costruttiva d’idee, emozioni, punti di vista, dovrebbe contenere frasi che iniziano con “io penso”, “io credo”, “io sento”. Nel momento della crisi di coppia, però, il dialogo è vissuto come una contesa, una competizione o una guerra. In realtà, durante la crisi di coppia, il dialogo diventa dibattito rispettando il modello televisivo più diffuso. La coppia, senza dialogo, trasforma la crisi in una guerra che non crea mai un vincitore e uno sconfitto ma solo due sconfitti che nella migliore delle ipotesi alternano quotidianamente i ruoli di vittima e di carnefice. La buona notizia è che basta modificare leggermente la propria comunicazione per generare, anche nei momenti di crisi di coppia, scambio costruttivo in cui ognuno contribuisce e vive emozioni positive. Come? Iniziamo semplicemente aggiungendo tre piccoli elementi alla nostra comunicazione quotidiana: Iniziamo le frasi con “io penso… sento… credo… ritengo” ovvero parliamo di noi, diamo il nostro punto di vista ricordandoci che non è la verità. Manteniamo il dialogo sugli argomenti di cui stiamo parlando evitando la formuletta giudicante “tu sei”. Potenziamo la nostra capacità di ascolto dell’altro cercando di cogliere quanto di buono, vero e condivisibile c’è nel suo punto di vista. Facciamo un piccolo esempio: durante una festa alla frase “È tardi dobbiamo andare”, invece di rispondere “vedi, tu sei sempre ansioso/a”, che è un giudizio sulla persona e non sulla situazione (coppia in crisi), proviamo a rispondere semplicemente “Sai, io ho voglia di rimanere ancora un po’, mi sto divertendo” che è espressione del proprio stato d’animo nel contesto (coppia che dialoga e si confronta). Scrivimi per dirmi come va, cosa ne pensi, cosa succede a te! Splendida giornata a te!
da Antonio Quaglietta | Gen 12, 2011 | Blog
L’acqua è ghiaccio o vapore? Nuova tappa del nostro viaggio nel mondo della crescita personale. Qual è l’aspetto più utile del padroneggiare le proprie convinzioni? Questa è una domanda che mi pongo spesso, ciclicamente. Cerco di comprendere sempre più a fondo cosa può donarci di pratico, utile e spendibile ogni giorno, nel nostro percorso di crescita personale, il processo di riconoscimento e gestione delle proprie convinzioni. Qualche sera fa, rientrato a casa mentre ero assorto nei miei pensieri questa domanda è tornata ad affacciarsi nella mente. Quando una domanda fa capolino, difficilmente mi lascia se non mi dedico un po’ a lei. Così, mi sono detto che, se dovessi rispondere con tre parole, direi che l’essenza del lavoro sulle convinzioni, il cuore di tutto è fatto di: Consapevolezza Flessibilità Potere Libertà Sì, lo so…sono quattro ma non sempre riesco a fare esattamente ciò che penso! ; -) Ho ricordato una frase di Jorge Luis Borges che mi piace molto: “L’uomo alla fine diventa il prodotto delle sue circostanze”. È il gioco delle forme e dell’essenza di cui l’acqua è la grande maestra. Guardando, infatti, il bicchiere con il ghiaccio che avevo in mano e il vapore che fuoriusciva dalla pentola tutto è stato più chiaro. L’acqua è l’elemento più presente in natura, è l’elemento cardine del nostro corpo: il fisico di una persona adulta è composto per circa il 65% di acqua e nell’embrione la percentuale è del 85%, nel neonato dal 75% al 85%. L’acqua è l’elemento cardine della vita. Qual è la precisa forma dell’acqua? Nessuna e tutte, l’acqua è flessibile, si adatta. Dura sotto lo zero, eterea sopra i cento gradi, con diversa densità tra zero e cento. Ha una sua forte identità ma sa adattarsi all’ambiente, prende la forma del suo contenitore senza mai confondersi con esso. È fondamentale per la nostra crescita personale ricordare sempre che le convinzioni sono ciò che danno forma al nostro pensiero e alla nostra vita, esattamente come un contenitore o il clima atmosferico fanno con l’acqua. Comprendere bene questo può darci Consapevolezza che vediamo, pensiamo e agiamo in base al contenitore che finora abbiamo avuto… alla temperatura cui siamo stati esposti. Siamo, in realtà, molto più di ciò che siamo convinti di essere, dei nostri comportamenti attuali, delle nostre abitudini fisiche e mentali. Consapevolezza di limiti e di possibilità inesplorate. Flessibilità nel cambiare ciò che non ci piace e ci procura malessere e rafforzare ciò che ci piace e ci dà benessere. Potere Personale, nel senso di maggiori possibilità personali. Più sono flessibile, più posso sperimentare scelte diverse, percorrere strade inesplorate, tracciare nuove mappe e vivere altre avventure. Libertà di scelta vera: non tra “A o B” ma tra le molte, diverse opzioni che vedo, creo e vivo. Libertà di scegliere di non scegliere. Se mi convinco di essere ghiaccio, mi destinerò ad essere duro e spigoloso a vita. Convinto di essere vapore rischio di sentire vuoto e inconsistenza dentro e intorno a me. Quando credo di essere il bicchiere in cui mi hanno messo, sono fuori dal mio flusso di crescita personale: mi adeguo alla massa, al gruppo, alla famiglia, al mio partner e rischio di sentirmi lontano da me stesso, privo di una mia essenza identitaria. Sapendo di essere acqua comprendo, sperimento e sento che posso ghiacciare quando serve, evaporare se mi va, abbattere montagne, stare fermo in un bicchiere, cadere giù in picchiata come una cascata, nutrire il mondo intorno a me, prendere ciò che nel mio percorso incontro e portarlo con me, riflettere luna cielo stelle e sole…. E queste sono alcune delle infinite possibilità. Perché l’acqua non è né ghiaccio né vapore e l’acqua è ghiaccio ed è vapore! Rimaniamo flessibili, nel flusso della vita, la crescita personale diventa inarrestabile! Spesso sopravvalutiamo la nostra flessibilità, siamo poco consapevoli dei nostri schemi mentali e della routine che ci rendono sempre meno creativi, limitando come pesanti zavorre la nostra crescita personale. Per gustare appieno il tuo viaggio nella crescita personale, puoi testare la tua abituale flessibilità, ponendoti domande semplici come queste: Da quanto tempo non assaporo un cibo assolutamente nuovo? Qual è stata l’ultima volta in cui mi sono stupita/o di un mio comportamento assolutamente inaspettato? Quando, nei mie rapporti interpersonali, ho fatto qualcosa di talmente diverso da stupire chi mi conosce? Qual è l’ultima volta che mi sono ritrovato a pensare che davvero la vita è magica e imprevedibile? Lascia un commento condividendo ciò che esattamente adesso, dopo la lettura, a caldo stai pensando, sentendo. Cresciamo Condividendo! Splendida giornata a te! Antonio
da Antonio Quaglietta | Gen 9, 2011 | Blog
Nel nostro percorso di crescita personale, iniziamo oggi ad avventurarci nell’impresa di dare qualche pillola formativa utile in un universo complesso e variegato ossia il rapporto di coppia. Partiamo da un dato sociale: le coppie in crisi aumentano in maniera preoccupante, al pari di malessere relazionale, tradimenti, separazioni, divorzi. In una delle sessioni di counseling di coppia tenuta durante queste feste, chiedendo quanto tempo entrambi dedicassero mediamente a raccontarsi l’uno all’altro, a parlare delle proprie emozioni, sentimenti, progetti, sogni, la risposta è stata “Non lo facciamo mai!”. Alla domanda quanto tempo passate in conflitti, contrasti e liti, mi hanno detto “Quasi sempre!”. L’esperienza come counselor di coppia di questi ultimi anni, in effetti, mi ha fatto vedere chiaramente una convinzione largamente diffusa nella nostra società: basta l’attrazione iniziale, l’innamoramento successivo e la promessa finale per avere una coppia solida, gioiosa e appagante. Da questa illusione, svenduta e propinata costantemente dai media, si passa alla disillusione che non è tutto automatico e lineare come sembra, il principe azzurro e la donna della vita sono personaggi, la coppia, invece, non è un film ma una relazione. Una relazione si costruisce e questo spesso viene evitato perché sembra poco romantico. Una relazione ha bisogno d’impegno e cura e questo spaventa. Una relazione cambia costantemente e segue la regola universale della vita: o cresce o muore; anche questo viene vissuto come strano e ci si ritrova ad ascoltare farsi come “Perché non è più come quando ci siamo conosciuti?”. Conosci davvero qualcosa, qualcuno o una relazione che rimanga identica per anni? Non possiamo cristallizzare il tempo. Tutto cambia, l’attrazione si affievolisce, l’innamoramento è una fase, il sentimento da solo non basta. Quando ci si scontra con queste piccole evidenze crolla il sogno e si pensa che la coppia sia finita, ci si rifugia spesso in spensierate e comode “storie” parallele che apparentemente rappresentano la soluzione, il luogo della leggerezza, il ritorno al prendere “solo il meglio”… ma il vuoto cresce. Significa allora che non si possa stare bene in coppia? Il problema vero è che ci ostiniamo a pensare per opposti, o è bianco o è nero; o è amore e tutto deve andare liscio da se o c’è bisogno di impegnarsi, capirsi, dialogare e ascoltare…ma allora non è amore. La TV lo insegna, il cinema lo conferma, quindi sarà così? Chiediamocelo per un attimo: il sentimento è proprio opposto al dialogo? Il romanticismo veramente non prevede confronto? Una relazione davvero esclude l’impegno? Impariamo a leggere, scrivere, guidare auto, usare computer, ma nessuno ci insegna ad accrescere la nostra intelligenza emotiva. Se ci pensiamo non è così automatico gestire le nostre emozioni, comprendere i nostri stati d’animo, migliorare le nostre relazioni. Possiamo imparare però a migliorare l’ascolto, comunicare in modo più efficace, costruire relazioni armoniose, gestire meglio le nostre emozioni e quelle altrui. Nel prossimo post sulla coppia vedremo insieme uno dei nemici del dialogo in coppia e alcune piccole strategie pratiche per evitarlo. Iniziamo a porci delle semplici domande: Quanto parlo di me e delle mie emozioni in coppia? Quanto di me realmente condivido? Quanta libertà di dialogo sperimento? Lascia un commento a caldo…CRESCIAMO CONDIVIDENDO! Splendida giornata a te!
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