da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast), relazioni (poscast)
Nella società attuale siamo abituati al tutto e subito e vorremmo il benessere immediato ed istantaneo. Non esiste, però, la pozione magica per risolvere i problemi, avere benessere e stare bene. Arrivare al benessere è un processo: non è istantaneo, non è per sempre, poiché ogni cosa è impermanente, ed è tangibile e reale, a patto che venga coltivato. Ma come si può coltivare benessere? Ecco 5 passi: – Primo passo: prepara il terreno. Cosa rende il terreno incoltivabile? La rigidità. Tutto ciò che è rigido ci impedisce di fiorire. Ci sono tanti comportamenti, atteggiamenti che accrescono le nostre rigidità; ciò che possiamo chiederci è: perché non fiorisce la vita dentro di me? Cosa impedisce la vita dentro di me? Trova le tue rigidità! Rendere il terreno pronto vuol dire imparare ad essere recettivi e flessibili. – Passo due: scegli cosa piantare. Spesso noi non pratichiamo questo verbo: il verbo scegliere. È la prima responsabilità che la vita ci mette davanti; noi giudichiamo e pensiamo di scegliere, ma giudicare non è piantare. Per poter scegliere è necessario impegnarci e mettere energia nel discernimento, vedere le cose per come sono. Da dove si parte? Dal chiedersi: che cosa mi fa bene? Spesso questo non coincide con quello che ci piace. – Terzo passo: impara come coltivare il seme scelto. Abbiamo bisogno di conoscere cosa uccide il seme e cosa lo nutre e imparare a discernere. – Quarto passo: cura terreno e seme. Curare vuol dire essere attenti ai nostri nemici interni ed esterni: pensieri intrusivi, le svalutazioni, la convinzioni limitanti, etc… Bisogna saperle tenere d’occhio. E per farlo possiamo chiederci: che cosa è che mina il mio progetto di benessere? Prendersi cura vuol dire anche saper mettere e mantenere i confini. – Quinto passo: goditi la pianta e i frutti. Molto spesso abbiamo incapacità a godere del nostro benessere e non sappiamo provare piacere. Appena raggiungiamo un risultato, appena stiamo bene, la mente ci proietta in un prossimo obiettivo e temiamo lo stare nel piacere quasi come quanto lo stare nel dolore. Anche il benessere non ce lo sappiamo godere. Quali sono i frutti del benessere? Più sto bene e più ho possibilità relazionali con me e con gli altri. Quando il benessere fiorisce i frutti sono maggiori possibilità di scegliere, di donare, di prendere, di vivere pienamente la vita che siamo.
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast), relazioni (poscast)
Come possiamo andare oltre il complesso di inferiorità? Il senso di inferiorità è una sensazione molto forte, che, appunto, ci sentiamo addosso. Ci sono degli elementi da considerare che caratterizzano il complesso di inferiorità: • Omologazione: è quel concetto secondo cui tutti dobbiamo essere uguali. Se c’è un modello condiviso da seguire, quando ci discostiamo dal modello di riferimento, ci sentiamo diversi e quella diversità la valutiamo come inferiorità. Spesso l’omologazione è anche su fattori interni. • Standard idealizzati (falsi): abbiamo elevati termini di paragone; i social hanno contribuito a creare standard irraggiungibili perché inesistenti. Viviamo nella società dell’immagine che rimanda ciò che non è reale. • Generalizzazioni: nascono dal desiderio di piacere a tutti. Se non piacciamo a qualcuno ci sentiamo inferiori. Nessuno può piacere a tutti, ma sembra che non ce ne rendiamo conto. E spesso quando non sappiamo fare qualcosa, la facciamo diventare chi siamo. • Convinzioni di amabilità: sono quelle convinzioni nucleari e sono non consapevoli. Sono nel nostro inconscio. Riguardano tutte quelle condizioni che mettiamo al nostro essere amabili: sono amabile solo se…non valgo se… • Perfezionismo: se abbiamo standard idealizzati, ci fissiamo obiettivi che sono sempre superiori e irraggiungibili, non li raggiungeremo mai e ci sentiremo inadeguati. Molto spesso il senso di inferiorità genera il bisogno di dimostrare agli altri chi siamo, che valiamo. Quanto più ci sentiamo inferiori, tanto più sentiamo il bisogno di dimostrare. Sentirsi inferiore è un frutto della mente, dei nostri condizionamenti. Cosa fare per iniziare a superare il senso di inferiorità? Il punto di partenza è l’amore di sé, che comprende alcune caratteristiche: • Unicità: devo riconoscere quando la mia mente fa paragoni con l’altro e iniziare a comprendere che ognuno di noi è unico. E che è necessario curare la nostra unicità. • Standard realistici: dobbiamo darci degli standard realistici e realizzabili. • Differenze di capacità: occorre riconoscere che, quando ci paragoniamo all’altro, è più sano farlo evidenziando quali sono le nostre capacità e non sminuendoci. • Accettazione: sono amabile come sono; accettare come siamo. Guardarsi con occhio amorevole, equo, che distingue e non giudica. • Amare la mia perfetta umana imperfezione: sono imperfetto come essere umano e questo mi rende unico e perfetto proprio perché sono imperfetto. Se lo accetto mi accorgo che non ho nessuna immagine da difendere e posso sciogliere le rigidità e mostrarmi per come sono.
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast), relazioni (poscast)
Cosa è una maschera? Molto spesso abbiamo un’ idea della maschera errata: crediamo che la maschera sia la parte che volontariamente mente, la parte che finge. La maschera in realtà si manifesta ogni volta che ci identifichiamo con una nostra parte. Sostanzialmente, abbiamo 3 parti principali. Utilizzando il linguaggio di Eva Pierrakos, ( qui la lezione del Sentiero https://www.bibliotecadelsentiero.org/lez-14-se-superiore-se-inferiore-e-maschera.html) le suddividiamo in: • Sé superiore: è la parte più pura, evoluta e connessa al tutto e agli altri, è la nostra parte elevata, che aspira all’amore e ha in sè le qualità umane più alte; • Sé inferiore: è l’ ego, quella parte condizionata, impaurita e traumatizzata, che desidera difendersi e avere potere sugli altri. L’ego sente che, se non ha potere, muore. • Il sé maschera: il sé inferiore e il sé superiore entrano in conflitto, poiché da bambini capiamo che il nostro ego non è ben visto dagli altri e se ne seguiamo le tendenze resteremo soli. Presto impariamo che abbiamo delle tendenze egoiche ma dobbiamo ben nasconderle per stare con gli altri. Piuttosto che affrontarle le nascondiamo. Per nasconderle agli altri, le nascondiamo anche a noi stessi. Ciò che è inaccettabile per noi, lo mandiamo giù nell’inconscio, non lo vediamo e lo subiamo. Creare una maschera vuol dire non confrontarsi con il proprio ego, con il proprio sé inferiore. Creiamo, in questo modo, una spaccatura tra ciò che sentiamo e ciò che facciamo. La consapevolezza è la via di uscita. Nella consapevolezza, pensieri, emozioni e comportamenti tendono tutti dalla stessa parte. Sentiamo le nostre parti, le riconosciamo e non le neghiamo. E ci confrontiamo con esse. Il vero test per comprendere se siamo nella maschera sono i sentimenti e le emozioni. È quello che proviamo, senza ingannarci. Capiamo che siamo nella maschera, nella falsità, quando non esprimiamo ciò che sentiamo, quando le emozioni sono diverse da quelle che esprime un gesto sincero. Il test è quello che sentiamo, non quello che pensiamo. Non bisogna uccidere l’ego, ma integrarlo, vederlo e portarlo a coscienza. Vedere le nostre parti ci permette di conoscerle e di conoscerci. Quando iniziamo a conoscere le nostre maschere, non possiamo più ignorarle, ma ci possiamo lavorare per accrescere la nostra consapevolezza. Le scopriamo per conoscerle, e così ci liberiamo da quelle maschere, iniziamo a darci permessi e ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni. Seguite le emozioni negative e scoverete l’ego. Trovato l’ego, confrontatevi con esso e le maschere cadranno.
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast)
Il cambiamento ha alcune caratteristiche fondamentali che lo contraddistinguono: • il cambiamento è inevitabile e continuo: la vita è cambiamento; se cristallizziamo il tempo, ci opponiamo alla vita. L’impermanenza è una delle leggi fondamentali della vita. • Il cambiamento attiva resistenze: una parte di noi non è mai soddisfatta e vuole cambiare oppure vuole che le cose restino così come sono; quindi queste parti entreranno in conflitto, attivando delle resistenze al cambiamento. • Il cambiamento è desiderato e temuto allo stesso momento. • Il cambiamento attiva significati e convinzioni profonde: ci rapportiamo al cambiamento in modo razionale, ma in realtà ci sono in gioco molti significati e convinzioni inconsce e profonde: non scegliamo razionalmente. In realtà il cambiamento avviene sempre, che noi ne siamo consapevoli o meno. La paura del cambiamento è uno degli ostacoli più grandi al cambiamento. Spesso ci opponiamo al cambiamento perché non abbiamo le idee chiare su cosa vogliamo e perché. Quindi è necessario porsi delle domande per poter dare una direzione al cambiamento: • Cosa vogliamo davvero? • Perché lo vogliamo? Cosa ci spinge, qual è la motivazione? • Quali effetti speriamo di ottenere? • Cosa ci fa stare bene e cosa no? Bisogna scrivere le risposte a queste domande, perché è scrivendo che emergono i conflitti interni e le incoerenze che abbiamo.
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast)
Come si fa a cambiare? Quante volte ci siamo posti questa domanda! Il cambiamento in noi avviene continuamente, che ne siamo consapevoli o meno. Cosa vuol dire cambiare? Non si può dare una definizione univoca del cambiamento perché assume un significato specifico a seconda delle persone, un significato che cambia anche in base alle convinzioni di ognuno. Prima di approfondire 4 passaggi perché si possa cambiare davvero, è necessario vedere alcune caratteristiche principali del cambiamento: • il cambiamento è inevitabile e continuo: tutto ciò che è vivo, cambia costantemente; • Ogni cambiamento attiva delle resistenze: non esiste cambiamento privo di resistenze; • Il cambiamento è desiderato e temuto allo stesso tempo: anche quando lo desideriamo fortemente, c’è qualcosa del cambiamento che ci spaventa; • Il cambiamento attiva significati e convinzioni profondi: si tratta di significati e convinzioni inconsci ed è proprio per questo che anche quando vogliamo cambiare, restiamo bloccati e non ci riusciamo. Molto spesso commettiamo due errori con il cambiamento: 1) Il primo errore è spingere il cambiamento, forzarlo, costringerci al cambiamento, sulla spinta del dovere e della morale; 2) Il secondo errore è quello di attendere passivamente il cambiamento, aspettare che le cose cambino da sole. Ma il cambiamento possiamo produrlo solo noi, gettando i semi perché accada e aspettando che fiorisca. Ciò che possiamo fare è rimuovere gli ostacoli che impediscono il cambiamento. E possiamo iniziare partendo da una pratica: scrivendo su un foglio, completiamo le frasi seguendo i passaggi indicati nel video • io non sono in grado di… • io non so ancora…. • io posso imparare a… • io voglio imparare a… Questi passaggi sono necessari al cambiamento poiché ci consentono di passare dal vincolo e dal blocco che sentiamo e che ci impedisce il cambiamento alla possibilità che il cambiamento accada davvero. In quale di questi passaggi hai trovato maggiore difficoltà?
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), relazioni (poscast), struttura dell’amore (posdcast)
Come si esce dalla dipendenza emotiva? La dipendenza emotiva rappresenta un grande ostacolo alla felicità, poiché ci impedisce di costruire delle relazioni intime, autentiche e adulte. Quando siamo nella dipendenza emotiva la paura e la convinzione di non meritare la felicità ci bloccano e siamo sempre più spaventati, confusi e dipendenti. La dipendenza emotiva nasce da un bisogno di approvazione. Si tratta di un bisogno di approvazione che si è creato nell’infanzia e che la nostra parte bambina porta avanti fino all’ età adulta. Cerchiamo, per soddisfare il bisogno, una fonte esterna sbagliata, credendo che l’altro possa risolvere i nostri bisogni. Però, nessuna fonte esterna può soddisfare il nostro bisogno. Proprio per questo iniziamo a forzare la nostra relazione. La relazione naturalmente avrebbe il suo corso, ma la persona dipendente vuole forzare la relazione. Quando forziamo la relazione non lasciamo andare la relazione come dovrebbe andare ma iniziamo a pretendere che deve andare come vogliamo noi. E tutto questo si traduce nell’espressione: tu mi devi amare. E lo pretendiamo in tanti modi diversi. Ma più forziamo, più l’altro se ne va. Siamo condizionati dall’immagine che ci siamo costruiti della relazione….il nostro inconscio si aspetta che sia l’altro a renderci felici. Ma nessuno ci può rendere felici…solo noi possiamo occuparcene. Il primo passo è riconoscere la nostra dipendenza e dare spazio alla parte bambina e ai suoi bisogni. La dipendenza emotiva può metterci in contatto con noi stessi, mostra le carenze e le pretese del nostro bambino. Ogni dipendenza indica che c’è una ferita, un area di miglioramento, da cui possiamo partire per lavorare su noi stessi. E man mano che ci avviciniamo a noi stessi, non abbiamo bisogno di dipendere da nessun altro.
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