Episodio 239 – Il viaggio dell’Anima

Episodio 239 – Il viaggio dell’Anima

Il viaggio dell’Anima Quando comincia la Vita? E quando finisce? Qual è il nostro scopo? Attraverso il racconto della sua particolare esperienza, Chantal Dejean ci ha illustrato il viaggio che l’Anima compie durante la sua esistenza. Molto spesso ci troviamo a vivere una vita in modalità sopravvivenza: arranchiamo cercando di arrivare a fine giornata. Ma la Vita è tutt’altro. Essere vivi vuol dire essere un tutt’uno con la Vita e la Vita crea, è flusso ed impermanenza; si rinnova costantemente. Vivere è mettersi in gioco anche quando abbiamo una certezza. Le nostre paure ci portano invece a fossilizzarci, a tentare di cristallizzare i momenti, per non perdere ciò che abbiamo. Ma questo non è possibile nella Vita, che è invece flusso. Fossilizzarci ci impoverisce energeticamente. La ricchezza è uno stato interiore. Se siamo nella vita emaniamo bellezza. La fonte luminosa attirerà abbondanza; se ci fossilizziamo invece sulle nostre idee la vita smette di fluire e sposta la sua attenzione su qualcun’altro. Lo scopo della nostra esistenza è compiere la nostra missione: vivere e non sopravvivere. Quando cerchiamo di cristallizzare il tempo, andiamo contro la vita e soffriamo. La sofferenza è opporsi alla vita. Tutte le prove che ci troviamo ad affrontare hanno una matrice comune: la nostra crescita e lo sviluppo delle nostre qualità. Scegliamo di nascere per imparare. Il dolore si sviluppa quando non accettiamo una situazione. Dobbiamo imparare a trascendere il dolore: la vita si manifesta per noi e noi abbiamo il potenziale di farcela. Tutte le prove che viviamo sono al servizio del nostro risveglio. L’ego è la nostra missione, è la creta che abbiamo indossato, è assenza del flusso di vita, è una materia che si è dimenticata di se stessa. La vita si è sacrificata perché noi possiamo illuminare la materia per ricordarci chi siamo. l’obiettivo è trasformarci in un essere luminoso. L’ego è una materia che non si ricorda che vuol dire amare, creare, la compassione…Siamo qui per diventare un essere di luce. Dobbiamo spiritualizzare la materia. E possiamo farlo imparando ad essere autentici per creare un’alleanza tra anima ed ego.
Episodio 238 – I nuovi inizi come ricominciare bene

Episodio 238 – I nuovi inizi come ricominciare bene

I nuovi inizi: come ricominciare bene? L’inizio dell’anno è spesso un tempo di buoni propositi e progetti. Ciò che è importante comprendere è che noi ripartiamo in ogni istante. Ci sono alcuni elementi molto utili e necessari che possiamo tenere in considerazione per ricominciare al meglio. Quali sono? 1) Conoscenza di sé. Possiamo partire con il chiederci: chi sono io oggi? Noi spesso ci conosciamo attraverso una categorizzazione fissa, una storia che ci raccontiamo; in realtà siamo in continuo cambiamento; la domanda utile da porsi è: chi sono io oggi? Chi siamo oggi possiamo saperlo solo se ci diamo il tempo di incontrare noi stessi: è necessario curare vita interiore e vita esteriore. Siamo abituati a stare sempre nell’esterno, nel fare, nel dire. In questo modo non sappiamo chi siamo, conosciamo al massimo le nostre compulsioni, ma non chi siamo davvero. La vita interiore invece vuol dire incontrare se stessi, riflettere su se stessi, guardare se stessi, auto-osservarsi. 2) Bisogni. Quali sono i miei bisogni? Sentire i bisogni è fondamentale per sapere quello che vogliamo. E questo serve a dare un indirizzo, una direzione a ciò che facciamo. Se non consociamo i nostri bisogni, non riusciremo ad essere in grado si soddisfarli. 3) Sogni e obiettivi. Quali sono i nostri obiettivi? È importante fissarsi degli obiettivi e cercare di raggiungerli. Cosa vogliamo davvero? Spesso non vediamo che abbiamo obiettivi poco chiari e apparentemente divergenti che dipendono da parti di noi diverse; spesso vediamo solo una parte. È necessario ascoltare tutte le parti e scegliere di mediare per decidere cosa fare, accontentando e rendendo gioiose tutte le parti di noi. È fondamentale scrivere i nostri obiettivi, gli obiettivi di tutte le parti. Quindi gestire le parti per creare accordo. Come? Dandosi un piccolo obiettivo concreto alla volta. 4) Il contributo. Come voglio contribuire? Il bisogno di contribuire è un bisogno che abbiamo tutti. Ognuno può fare la sua parte. Non bisogna pensare per forza alle cose in grande. Si tratta di contribuire nelle piccole cose, in ciò che possiamo e vogliamo mettere a servizio, a disposizione. Chiedersi anche di cosa ha bisogno l’altro. Il contributo nasce dal riconoscere e lasciar fluire i propri talenti. 5) Il perché. Qual è lo scopo? Perché lo faccio? Qual è la nostra motivazione? capire perché facciamo le cose vuol dire dare una direzione e un senso alla nostra vita. La mancanza di senso toglie il gusto a quello che facciamo. Quando arriviamo al perché arriviamo al senso, al significato.
Episodio 237 – Gestire la paura con il pensiero magico

Episodio 237 – Gestire la paura con il pensiero magico

La paura è un’emozione che ci accompagna spesso nella nostra vita. Ciascuno di noi trova le proprie strategie per poterla gestire nel migliore dei modi. Spesso però le strategie che utilizziamo sono infantili e peggiorano più che migliorare Una di queste strategie per gestire la paura è il pensiero magico. Attraverso il pensiero magico noi cerchiamo di andare oltre le nostre paure, ma lo facciamo in modo infantile. Difronte agli accadimenti della vita abbiamo la possibilità di comportarci seguendo due vie: quella adulta e quella bambina. Se scegliamo la via adulta, scegliamo fondamentalmente la via evoluta, la via dell’accettazione, scegliamo di vedere le cose per come sono. Scegliere la via del bambino vuol dire, invece, affidarsi al pensiero magico, ad una via fatta di pretese, illusioni e soluzioni facili. Il pensiero magico infatti è un pensiero infantile. Pensare, illudersi di eliminare la sofferenza dalla nostra vita la aumenta e la perpetua. Ognuno di noi utilizza il pensiero magico per esorcizzare le proprie paure, sperando in un intervento esterno, magico appunto, che risolva problemi, paure e sofferenza. Ma questo è impossibile. Opporsi alla sofferenza vuol dire in estrema sintesi opporsi alla vita stessa, alla possibilità di apprendere, di crescere ed evolvere attraverso le prove.
Episodio 236 – Gestire la paura di vivere

Episodio 236 – Gestire la paura di vivere

Gestire la paura di vivere La paura è l’ostacolo più grande che abbiamo alla VITA. Da dove nascono le paure? Che cosa è la vita? Qui trovi le informazioni per la nostra scuola: Relazioniamoci Academy https://www.relazioniamoci.it/academy/ Qui trovi il link alla lezione 130 del Sentiero: https://www.bibliotecadelsentiero.org/lez-130-trovare-la-vera-abbondanza-attraversando-la-paura.html Cosa è la vita? *La vita è fluire dinamico, non è qualcosa di statico, di fermo; la vita non si ferma mai. *La vita è impermanenza: tutto ha un decorso; ogni cosa nasce, cresce, muore; tutto è impermanente. *La vita è un’ incognita: non sappiamo il domani cosa ci porterà. *La vita è fuori dal nostro controllo: non possiamo controllare ogni cosa. Tutte queste caratteristiche fanno nascere in noi la paura, perché tutto questo spaventa. Fintanto che abbiamo paura attiriamo a noi proprio le situazioni di cui abbiamo paura. Perché l’unico modo che abbiamo in natura per superare una paura è affrontarla. Abbiamo bisogno di esperienze che vanifichino la paura. Il nostro inconscio ci mette avanti situazioni che ci consentano di affrontare la paura. La nostra mente è duale e divide sempre la realtà in due. Il bivio più grande che ci troviamo ad affrontare è il bivio tra desiderio e paura: cosa è che ci muove? Il desiderio che tende a qualcosa? O la paura che ci porta all’evitamento? Questo bivio cambia il nostro approccio alla vita, la nostra motivazione. Se agiamo per paura attiriamo a noi situazioni di un certo tipo proprio per superare la paura, per poter crescere ed evolvere.
Episodio 235 – La fatica e l’opportunità del cambiamento

Episodio 235 – La fatica e l’opportunità del cambiamento

Che relazione hai con il cambiamento? Di per sé, cambiamento non significa nulla. Siamo noi a dare un significato al cambiamento e in base a questi significati lo vivremo in un modo piuttosto che in un altro. Chi lo legge come un dramma, lo vivrà come un pericolo; chi lo vive come dono, coglie l’opportunità che c’è dietro al cambiamento. Il cambiamento è anche fatica e sta a noi attingere alle nostre risorse per affrontarlo al meglio. Come accogliamo il cambiamento? Lo viviamo come dono, come opportunità o è solo una fatica? Nella logica del dono accogliere il cambiamento ci consente di vivere il cambiamento come una nuova esperienza, nuova opportunità. La cosa più importante è cogliere la complessità del cambiamento: se cadiamo nel pensiero dicotomico “o bene o male” non viviamo l’esperienza del cambiamento. Accogliendo le emozioni, ascoltando la classificazione della mente piacevole/spiacevole, possiamo vivere appieno le nostre emozioni e la nostra vita. Quando un cambiamento viene vissuto con attaccamento a quello che già abbiamo e avversione per ciò che cambia, allora lo viviamo male. Quando ci ascoltiamo e torniamo ad ascoltare il nostro mondo interno, mettiamo a tacere l’ego e riusciamo a comprendere i nostri attaccamenti e ciò che invece ostacoliamo. Ci diamo il permesso di vivere al meglio i cambiamenti. Spesso però il cambiamento ci spaventa. Perché abbiamo paura? Abbiamo paura perché siamo attaccati a ciò che abbiamo e non riusciamo ad affidarci; ci aggrappiamo a quelle che ci illudiamo che siano certezze, vogliamo cristallizzare la vita per stare più tranquilli. Ma la vita cambia di continuo e noi spesso non siamo disponibili ad accettarlo. Relazionarsi al cambiamento vuol dire anche avere una visione del futuro, facendo i conti con le aspettative, le pretese che si creano e anche con la capacità di sognare e immaginare realizzati i nostri sogni.
Episodio 234 – Quando la responsabilità incontra l’obbedienza

Episodio 234 – Quando la responsabilità incontra l’obbedienza

Cosa ci spinge all’obbedienza? Fino a dove siamo disposti a spingerci per obbedire? Dove sono i nostri valori quando obbediamo ciecamente? Un punto di partenza fondamentale è la distinzione tra autonomia ed eteronomia. L’autonomia coincide con il lasciarsi guidare da dentro; l’eteronomia consiste nel prendere dall’esterno le nostre norme di comportamento. Spesso noi cediamo la nostra autonomia in favore di qualcuno a cui riconosciamo autorità. Uno degli esperimenti più famosi della storia condotti per comprendere come sia possibile cedere la propria autonomia, anche andando contro i propri valori, è stato l’esperimento sull’autorità di Milgram. Grazie a questo esperimento si è compreso che siamo in grado di cedere la nostra autonomia e di farci guidare dall’esterno da qualcuno a cui riconosciamo l’autorità. Dove si colloca la nostra responsabilità? E perché siamo disposti a cederla? Ci sono alcuni elementi principali che ci portano all’obbedienza. Vediamoli: • Convinzione di legittimità dell’autorità: siamo convinti che l’autorità a cui cediamo la nostra autonomia sia legittimata da noi a scegliere per noi • Adesione al sistema: crediamo che sia giusto obbedire e riconosciamo che il sistema a cui obbediamo funziona solo sull’obbedienza, senza mettere in discussione il sistema stesso. • La forza della pressione sociale: chi rappresenta l’autorità fa pressione verso un comportamento che poi viene assunto. • Adesione all’ideologia proposta dall’autorità: io aderisco ad un pensiero esterno a me senza una riflessione critica. Una volta che io mi dichiaro seguace di una parte non metto più in discussione ciò che sto seguendo. L’ obbedienza cieca è chiusura all’esterno e possibilità di andare contro la nostra stessa coscienza, i nostri valori. Per obbedire è necessario non volere responsabilità della propria vita, credendo che questo renda la nostra vita più facile. Ma, delegando la nostra responsabilità, noi ci perdiamo gran parte della vita stessa. Uno dei pericoli più grandi è cedere l’autorità interna all’ego. Così facendo noi non siamo più in controllo di noi stessi. E così seguiamo l’ideologia che l’ego ci impone (la vita è una guerra), diamo legittimità all’ego (poiché promette di proteggerci), ne subiamo la pressione (perché alimenta confronto e competitività con l’altro) ed usciamo fuori di noi. Come possiamo uscirne? Diventando consapevoli di questi meccanismi. Quando scatta un confronto sono in grado di vedere che è propaganda interna? Quando perdo l’amore del fare sono capace di tornare in me? L’ego, quando è illuminato, perde potere.