da Antonio Quaglietta | Dic 10, 2021 | Podcast, emozioni (posdcast), relazioni (poscast)
Cosa è il senso di colpa? Come possiamo imparare a gestirlo e come possiamo uscire dal senso di colpa? ECCO IL LINK ALLA LEZIONE 49 DEL SENTIERO DI CUI HO PARLATO NELLA DIRETTA: https://www.bibliotecadelsentiero.org/lez-49-ostacoli-sul-sentiero-vecchio-materiale-false-colpe-e-chi-io.html La prima distinzione che è necessario fare è tra il senso di colpa interpersonale e il senso di colpa intrapersonale. Il senso di colpa interpersonale è quello che sentiamo in relazione agli altri. Quello intrapersonale è il senso di colpa che sentiamo nei confronti di noi stessi. Molto spesso il senso di colpa viene utilizzato come strumento di manipolazione. Le nostre parti manipolative utilizzano, propongono e provano ad imporre questa modalità comunicativa incentrata sul senso di colpa. Quando utilizziamo il senso di colpa o rispondiamo ai sensi di colpa, siamo spinti dalla paura di perdere l’altro o dal nostro desiderio di salvare l’altro. Ci sentiamo responsabili dell’altro e proviamo a mettere in campo quelle che sembrano le scelte migliori per salvarlo. Questo atteggiamento però può generare una relazione di dipendenza. Per questo è necessario imparare a distinguere il falso senso di colpa dalla colpa giustificata. Il falso senso di colpa ci fa sentire sbagliati per non essere più di come siamo, perché non siamo perfetti e perché ancora non abbiamo raggiunto il livello di evoluzione che desideriamo raggiungere. La colpa giustificata invece riguarda il dolore per il male fatto, in modo volontario o anche in modo involontario, e ciò che possiamo fare per rimediare e recuperare ai nostri errori. Come spiegato nella lezione 49 del Sentiero di Eva Pierrakos fare questa distinzione è fondamentale per poter uscire dal senso di colpa. Ma cosa produce il senso di colpa? Gli effetti del senso di colpa sono: • ti fa sentire sbagliato • ti blocca • genera inconsapevolezza L’antidoto al senso di colpa è la responsabilità, ovvero imparare a rispondere alle situazioni che accadono nella nostra vita. Per arrivare alla responsabilità è necessario superare tre ostacoli principali: • Sentirsi irrecuperabili, in quel male che ne abbiamo causato. Ci sentiamo persi, condannati. Senza speranza. • Autogiustificarsi per i propri comportamenti. Questo sposta l’attenzione sull’altro. • Negare: negare il nostro errore, negare le nostre responsabilità Superati questi ostacoli arriviamo alla responsabilità e possiamo superare il senso di colpa che ci impedisce di vivere e impedisce di crescere. Come fare? Possiamo individuare concretamente la nostra colpa e chiederci con onestà qual è la nostra vera colpa. Ci accorgeremo allora che non c’è.
da Antonio Quaglietta | Dic 3, 2021 | Podcast, emozioni (posdcast)
Che cosa è la sensibilità? Cosa vuol dire essere sensibili? E cosa ‘altamente’ sensibili? La sensibilità è una caratteristica che ognuno di noi possiede. Vi sono, però, alcune persone maggiormente sensibili rispetto ad altre e che spesso amplificano le reazioni legate al loro particolare sentire. Proprio per questo è importante conoscere e gestire la componente di sensibilità che c’è in ognuno di noi. Come possiamo gestirla? L’alta sensibilità è un tratto temperamentale che ha anche una componente genetica. Si tratta di avere una sensibilità particolare. Questi tratti sono stati nel corso del tempo evidenziati anche dalle neuroscienze, che hanno poi confermato che ci sono aree del cervello che si attivano di fronte a determinati stimoli. Quello che conta comprendere non è tanto se siamo o non siamo persone altamente sensibili, ma cosa facciamo di questa nostra sensibilità. Come viviamo la nostra sensibilità? È vero che una persona altamente sensibile acquisisce più stimoli sensoriali degli altri, ha una maggiore tendenza alla complessità o ad elaborare stimoli in modo più complesso e completo rispetto agli altri; è vero anche le persone altamente sensibili hanno una più sviluppata empatia ed amplificano le emozioni perché le vivono in maniera più marcata. Ma cosa possiamo e vogliamo farne di questa grande sensibilità? Il primo passo è essere consapevoli della propria sensibilità. Se non ne sono consapevole, non riuscirò neanche a gestirla. Se ne divento consapevole, invece, posso dosarla e utilizzarla al meglio. Potrò anche occuparmene e prendermene cura, preservandola e custodendola come un vero e proprio dono. Il secondo passaggio fondamentale è imparare a modulare le emozioni che sentiamo: che cosa provo? A che livello? In che misura? Qual è l’intensità delle mie emozioni? Infine possiamo cercare di comprendere quali risorse attivare per riuscire a modulare l’intensità delle nostre emozioni, a seconda delle situazioni. E tu, che relazione hai con la sensibilità?
da Antonio Quaglietta | Nov 26, 2021 | relazioni (poscast), emozioni (posdcast), Podcast
Continuiamo il dialogo della scorsa settimana sulle etichette approfondendolo per comprendere meglio quali sono i meccanismi dietro l’etichettamento. Perché è così importante lavorare sulle etichette? Perché ci provocano tanta sofferenza? L’ etichettamento è necessario, inevitabile e molto utile, ma allo stesso tempo può essere molto dannoso, perché quando veniamo etichettati, tendiamo ad assumere la ‘forma’ dell’etichetta che viene utilizzata. Nelle relazioni le etichette ci fanno reagire all’immagine che abbiamo della persona e non alla persona, cioè ci tolgono l’esperienza diretta della persona. Le etichette infatti filtrano le esperienze e le impoveriscono. Le etichette, in questo senso, ci tolgono energia vitale. Noi utilizziamo le etichette per catalogare e questo ci aiuta a risparmiare energie per riuscire a muoverci nel mondo: sono delle scorciatoie per non rendere necessario dover analizzare completamente ogni volta le situazioni in cui ci troviamo. Però l’uso eccessivo e reiterato delle etichette diminuisce l’intensità delle esperienze della nostra vita, perché siamo portati a spostare l’attenzione sulle etichette che utilizziamo per confermarle. E così facendo le confermiamo davvero. Spesso questo determina una vera e propria polarizzazione nel pensiero infantile dicotomico che suddivide tutto il mondo in categorie opposte, cancellando, di volta in volta, una parte di esperienza per assolutizzarne l’altra. Noi siamo l’intero, abbiamo tutto dentro di noi, e cercare di rinchiuderci in etichette genera sofferenza inutile e dannosa e ci toglie energia preziosa. Quali passaggi fare per lavorare sulle etichette? Innanzitutto renderle consapevoli. Quindi distinguerle dall’esperienza e valutarle come etichette, ovvero proiezioni e giudizi del nostro ego.
da Antonio Quaglietta | Nov 19, 2021 | Podcast, emozioni (posdcast), relazioni (poscast)
Chi sono io davvero? Capita spesso che abbiamo difficoltà a rispondere a questa importante domanda e che finiamo per identificarci con le etichette che noi stessi utilizziamo per definirci. E non solo: utilizziamo etichette anche per definire l’altro, così come l’altro le usa per definire noi. Ma servirsi di etichette per comunicare vuol dire utilizzare un linguaggio di giudizio e di manipolazione. Cosa produce l’etichettamento? E in che modo possiamo imparare ad uscire dalle etichette che utilizziamo? Per definire noi stessi, gli altri e la realtà in generale utilizziamo delle etichette. Questo perché la funzione della mente è quella di semplificare la nostra realtà. E lo fa proprio attraverso le etichette. Poiché la vita è impermanente e noi fatichiamo a stare dietro all’impermanenza, la mente ci aiuta creando delle categorie, delle etichette appunto. Che effetto hanno le etichette nella nostra vita? *Le etichette cristallizzano: l’uso di etichette rende una realtà viva, morta. Le etichette che mettiamo a noi stessi e agli altri definiscono il nostro comportamento e, in sostanza, la nostra realtà. *Le etichette modificano la nostra percezione. Noi percepiamo il mondo non per come è, ma per come siamo e per le categorie che mettiamo. *Le etichette sono manipolazione: quando mettiamo un’etichetta proviamo a manipolare la nostra realtà. Etichettare allontana dalla realtà. Le etichette manipolano la nostra realtà perché un’etichetta ha la funzione di proteggerci. La mente valuta come prima cosa la distinzione tra piacevole/non piacevole, doloroso/non doloroso, pericoloso/sicuro…e quando mettiamo un’etichetta non è mai neutra. *Le etichette quindi separano dalla realtà e falsano la verità. Qual è la soluzione a questi errori della nostra mente? Capire che non bisogna identificarsi con la propria mente ovvero con le proprie etichette, poiché è impossibile liberarci delle etichette, in quanto è impossibile liberarci della nostra mente. Possiamo solo illuminarla e divenirne consapevoli. E, quindi, chi siamo oltre le etichette? Un utile esercizio da fare per comprenderlo è vedere quali sono le etichette che utilizziamo per definire noi stessi e dove le abbiamo prese. A questo aggiungere momenti di meditazione, silenzio e connessione con noi stessi. Quindi accettare l’etichetta, etichettendola come etichetta. L’ego vuole farti credere che l’etichetta sei tu, invece dobbiamo disidentificarci dall’etichetta. E tu, quanto sei identificato nelle tue etichette?
da Antonio Quaglietta | Nov 15, 2021 | Podcast, emozioni (posdcast), relazioni (poscast)
Che cosa è la gentilezza? In che modo può aiutarci a vivere meglio? Qui il libro di Don Giovanni Benvenuto: https://amzn.to/2Z1hPqM Siamo spesso portati a credere, un po’ per educazione, un po’ per il contesto sociale in cui viviamo, che la gentilezza si contrapponga alla forza: o sei forte o sei gentile. Occorre quindi, per fare chiarezza sulla forza della gentilezza, partire dalla distinzione tra compiacenza e gentilezza. La compiacenza, legata anche all’idea della ‘buona educazione’, a quei comportamenti che devi seguire per essere ben accettato nella società, non è una scelta. Sei compiacente per timore di non essere accettato. La gentilezza, invece, è frutto della scelta di riconoscere l’altro come essere umano. Se approfondiamo il tema della gentilezza ci rendiamo conto che si tratta di un’esperienza concreta che è possibile vivere e portare in quelle che possiamo definire ‘battaglie quotidiane’: essere gentili e ricevere gentilezza ci permette di riconoscere, riconoscerci e accogliere l’altro e noi stessi come essere umani. Ne vale la pena? Sempre! Perché vale sempre la pena essere gentili? Perché la gentilezza è gratuita e in quanto tale non ha valore di scambio e produce benessere in chi la pratica e in chi la riceve. È attraverso la gentilezza che impariamo guardare all’altro come un luogo sacro; è attraverso la gentilezza che impariamo ad accogliere le fragilità, i limiti, l’umanità nostra e degli altri; la gentilezza ha, in questo senso, un enorme potere trasformativo e disarmante. Ci sono infiniti gesti di gentilezza che possiamo compiere nei confronti degli altri e anche nei confronti di noi stessi- ascolto vero, accoglienza, comprensione- ricordandoci che anche un solo gesto di gentilezza fatto e ricevuto può bonificare anche vissuti poco piacevoli e creare nuove esperienze nella nostra vita e nella vita degli altri. Quali sono i gesti di gentilezza che puoi iniziare a portare nella tua vita?
da Antonio Quaglietta | Nov 15, 2021 | Podcast, mente (podcast)
Che cosa è la presenza? Cosa vuol dire essere presente? Perché il presente è un dono? *Iscriviti ora al per-corso: “Il dono del presente”: https://www.relazioniamoci.it/il-dono-del-presente/ Se non siamo presenti la vita ci sfugge. La presenza non si può descrivere o comprendere. La presenza è un’esperienza. Esattamente come l’amore: non si può spiegare, né capire. Si può sperimentare. La nostra mente cerca di spiegare e capire ogni cosa. La mente vive di immagini. La presenza, invece, non è un’immagine, ma è un’esperienza. E si raggiunge attraverso un percorso. Ma cosa è il presente? La presenza è ogni momento in cui sentiamo coerenza interna, che si traduce nello stare bene, senza bisogno di cornici intorno. Sentiamo di stare bene, senza condizioni e motivi particolari. Ogni volta che abbiamo sperimentato la presenza, abbiamo potuto constatare di trovarci in un luogo oltre il tempo e lo spazio. È uno stato di benessere che non dipende da nulla; è semplicemente benessere. La mente, però, tende ad allontanarci da questo momento ed ogni volta che la mente concettualizza, perde il presente. Ci sono diversi ostacoli, che rendono più difficoltoso l’accesso alla presenza: 1) Distrazione: non ci accorgiamo di essere costantemente distratti. La mente è continuamente nel futuro o nel passato; la mente ci porta continuamente a distrarci dal presente 2) Pensieri involontari continui: la mente pensa sempre, è il suo lavoro. La ruminazione quando diventa consapevole, però, può diventare un vantaggio, guardare, vedere, osservare i pensieri è utile alla presenza. È necessario divenire osservatori consapevoli, per poter fare esperienza del presente. 3) Inconsapevolezza: la mente ci porta a passeggio; i pensieri continui ci allontanano dal momento che stiamo vivendo, spostandoci nel passato o nel futuro. Abbiamo però a nostra disposizione delle risorse per poter accedere alla presenza e godere del dono del presente: 1) attenzione: gestire l’attenzione ci consente di spostarla dove è utile che sia. Questo può diventare un’ancora al presente. 2) Distinzione: distinguere i pensieri volontari da quelli involontari, ci consente di essere osservatori dei nostri pensieri e non lasciarci dominare da essi. 3) Strategie per essere consapevoli: divenire consapevoli dei nostri attaccamenti e imparare a fare esperienza della gratitudine. E tu, riesci a vivere il presente come dono?
Commenti recenti