da Antonio Quaglietta | Apr 9, 2021 | emozioni (posdcast), mente (podcast), Podcast, relazioni (poscast)
Cosa è la forza interiore? Da dove possiamo attingere la nostra forza interiore? E quanto siamo consapevoli di come la disperdiamo? Una delle spinte principali che abbiamo ricevuto sin da quando eravamo piccoli e che la società in cui viviamo ci propone costantemente, è: devo essere forte. Ma la forza, in una società come la nostra, è in realtà è spesso l’elogio della debolezza umana: essere forti vuol dire primeggiare, essere competitivi, vincere, essere i migliori. Così leghiamo il concetto stesso dell’autostima, della fiducia in noi stessi all’essere sempre competitivi e a surclassare gli altri: abbiamo stima in noi se dimostriamo di essere migliori degli altri. Ma è davvero questa la vera forza? È questa la vera autostima? Davvero quando non possiamo e non sappiamo perdere vuol dire che siamo forti? Questa è riconosciuta come forza, ma si tratta di forza esteriore: riusciamo ad ottenere ciò che ci prefiggiamo, ma non rispecchia la nostra forza interiore. Sprechiamo, infatti, la nostra forza interiore e ci lamentiamo di sentirci deboli. E come possiamo contattare ed esprimere la nostra vera forza interiore? La forza interiore è una forza spirituale, che attinge alla nostra coscienza, alla consapevolezza, che è la libertà interiore, è spiritualità, è libertà dall’oppressione della propria mente. Quando siamo schiavi della mente, ovvero per la maggior parte del tempo, ci sentiamo sempre deboli e schiavi e incolpiamo di questo malessere l’esterno. Disperdiamo energia e sprechiamo la forza interiore. Come? In tre modi, principalmente: *Guardarsi allo specchio: quando non attingiamo alla nostra forza interiore e siamo concentrati all’esterno, vediamo un immagine di noi stessi deformata dal giudizio. La forza interiore, invece, è la capacità di guardarci allo specchio in maniera non giudicante. Non sempre siamo consapevoli del nostro giudizio verso noi stessi, ma ne subiamo comunque gli effetti. Non è un giudizio esplicito, ma si palesa nel fatto che non accogliamo alcuni aspetti di noi in modo amorevole. Non abbiamo ancora accettato delle parti di noi. Cosa fare? Vedere quella parte di noi che non rispecchia il nostro sè ideale e integrarla; guardare a noi stessi senza la categoria ok/non ok, capace/incapace. Per capire i nostri giudizi interni, possiamo notare quali giudizi esterni ci colpiscono. *Sprechiamo la nostra forza interiore in battaglie inutili: in genere, crediamo che l’idea di forza coincida con l’idea di combattere, di fare battaglie. Che guerre alimentiamo? Che guerre combattiamo tutti i giorni? Le guerre contro il passato, contro quello che non esiste più, che ci toglie energie nel presente. Le guerre per cambiare gli altri: voglio fare capire, volere che l’altro faccia o dica etc.; le guerre contro la vita: opporsi alla vita, dire no alla vita vuol dire avere sempre la mente che ti trasmette la vita ideale, la vita come dovrebbe essere; ma la vita è diversa. La vita ha componenti di piacere e componenti di sofferenza. E se non coltiviamo il coraggio di accettare con il giusto distacco quello che arriva, saremo sempre sopraffatti e in guerra con la vita stessa. *Esprimersi e mostrarsi: quando non abbiamo forza interiore , abbiamo difficoltà ad esprimerci e mostrarci per quello che siamo: avanti c’è la maschera, dietro ci sono le vere emozioni che proviamo. Quante volte ci mostriamo a noi stessi? Rifiutiamo le nostre stesse emozioni e non dandoci il permesso di provarle, non ci esprimiamo. Al contrario, la forza interiore è capacità di esprimersi e di mostrarsi agli altri, esattamente per quello che siamo. E tu, quali ostacoli metti alla tua forza interiore?
da Antonio Quaglietta | Apr 2, 2021 | emozioni (posdcast), Podcast
Come affronti la paura? Quali strategie utilizzi per superare le tue paure? Cosa è la paura? La paura è un’emozione di base. La paura è naturale; è energia che ci attraversa, legata ai pensieri. Molto spesso, la classifichiamo come qualcosa da sconfiggere, da combattere, da distruggere. Noi, infatti, non vogliamo avere paura. Per questo cerchiamo di coprirla e di negarla. Qual è il modo giusto per relazionarsi alla paura? È la conoscenza, l’accoglienza, la scoperta e l’ascolto. Quando ci soffermiamo ad ascoltare le nostre paure, ci rendiamo conto di quanto possano essere preziose per noi: possiamo vedere quanto le nostre paure ci dicono di noi, della nostra storia passata; la paura può darci anche la direzione della comprensione di noi stessi, facendo emergere quali sono le parti di noi che non abbiamo ancora sviluppato. Quindi, sostanzialmente, la paura in sé, non è un problema. È la paura della paura che diventa un problema, nel momento in cui non la affrontiamo. La paura fa parte della vita; avere paura della paura, ci impedisce di vivere. Ma quali strategie utilizziamo per coprire la paura? *Controllo: proviamo a controllare ogni variabile della nostra vita per paura e nel tentativo di evitare l’incertezza: purtroppo, non si può avere tutto sotto controllo: la vita è di per sé incertezza, è un flusso, è un costante cambiamento: chi vuole avere certezze non sta vivendo. Tutto passa e cambia. il tentativo di gestire la paura attraverso il controllo produce stress e rabbia. *Aiuto dannoso-sostituzione: ho paura, chiedo aiuto; ottengo l’aiuto che chiedo, ma a che giova? Aumenterà il senso di sfiducia in me stesso e la convinzione di non potercela fare da solo. Perdo la libertà. Per quanto io provi un sollievo momentaneo, la mia paura diventa più grande. *Negazione ed evitamento: quando abbiamo paura di qualcosa, non vogliamo vederlo e razionalizziamo, giustificandoci. Ma ogni volta che la evitiamo, stiamo alimentando la nostra paura. questa strategia produce un sollievo momentaneo, che ci piace, ma la paura diventa più forte. *Rabbia: spesso ci arrabbiamo senza accorgerci che dietro c’è la paura: copriamo la nostra paura con la rabbia. questo produce scarico di energia e aggressività, verso noi stessi e verso gli altri. *Tristezza: per non sentire la paura e evitarla, cadiamo nella tristezza. Copriamo la paura con la tristezza: ci iniziamo a lamentare, abbassiamo l’energia e sprofondiamo nella tristezza. *Pre-occupazione: è una strategia fatta di controllo più rabbia, è un mix: pensiamo che preoccupandoci possiamo evitare la paura e addirittura risolvere. Invece, produciamo ansia, ci focalizziamo su ciò che non va e che potrebbe andare male e confermiamo proprio la paura che vogliamo superare. *Fare: è la strategia del momento: ci affoghiamo nel fare proprio per non ascoltarci. Questo produce un allontanamento da noi stessi: ci distraiamo e proviamo un sollievo momentaneo. Ma la paura ritorna, più forte. *Vergogna: è la paura di mostrarmi. Se mi mostro, temo che succeda qualcosa di irreparabile. Se la rintraccio e la contatto e la supero. Provo a difendere la mia maschera e quindi produco un allontanamento da me stesso. Tutte queste strategie hanno l’obiettivo di risolvere, ma alimentano le nostre paure. Cosa fare, quindi? Stare con la paura, ascoltarla, andare a caccia delle nostre paure, accoglierle. Migliorare la sensibilità alla paura. Soprattutto a quelle più piccole. Perchè l’unico impedimento al benessere e all’amore è la paura. E tu, quali strategie utilizzi per coprire la paura?
da Antonio Quaglietta | Mar 26, 2021 | emozioni (posdcast), mente (podcast), Podcast
Che relazione c’è tra mondo interno e mondo esterno? Quanto sei consapevole che il nostro mondo esterno è lo specchio del mondo interno? Questo ha un riscontro concreto nella realtà quotidiana, non solo a livello personale delle nostre relazioni più intime, ma anche al livello più allargato della società in cui viviamo. Questi due mondi, infatti, mondo interno e mondo esterno, sono in stretta correlazione tra loro e si influenzano a vicenda. Sono l’uno lo specchio dell’altro. Pertanto, le nostre reazioni, le emozioni confuse, le relazioni che costruiamo sono il riflesso di ciò che ci portiamo dentro. Molto spesso, ci capita di fare il pendolo tra i due estremi: o ci concentriamo sul mondo interno (guardo solo dentro di me, è solo colpa mia, devo fare io, etc.) oppure riversiamo tutto sul mondo esterno (guardo solo fuori di me, è tutta colpa dell’altro, del mondo esterno). L’equilibrio è nella relazione: in che relazione sono mondo interno e mondo esterno? Quando ci focalizziamo sul mondo esterno, siamo convinti che ci condiziona ed aliena…in realtà, ciò che accade all’esterno aggancia qualcosa che abbiamo dentro. Ci colpisce come una freccia scagliata proprio contro di noi. In realtà, se non ci fosse l’obiettivo dentro di noi pronto ad essere colpito, la freccia cadrebbe a terra senza produrre danni, senza produrre effetti. Per fare degli esempi, per vedere come ciò che c’è nel mondo esterno si ripercuota internamente, basta pensare a qualche meccanismo dei grandi sistemi che ci circondano e che, in qualche modo si riflettono dentro di noi. In particolare, pensiamo alle serie TV, a Netflix e simili: ci nutriamo dell’illusione, dell’idealizzazione di quello che vediamo, di quello che consumiamo in modo vorace, che genera dentro di noi, rabbia e depressione in quanto ci porta a confrontare la nostra realtà, la nostra vita, con quella delle serie tv, che ci sembra inarrivabile. Questo produce insoddisfazione, che genera vergogna e rabbia. Allo stesso modo anche Amazon, non come commercio on-line, ma come struttura, come meccanismo di funzionamento, aggancia delle parti bambine di noi, che vengono colpite, perché desiderose di avere tutto e subito, tutti i desideri realizzati con un click! Ma nella realtà quotidiana, ogni desiderio non è a portata di click. Ed ecco che siamo, ancora una volta insoddisfatti ed arrabbiati. Anche nella politica riversiamo la rabbia, senza renderci conto di quanto per primi noi, nel nostro mondo interno e con le nostre parti interne, non siamo dei buoni governanti di noi stessi! Come gestiamo il nostro paese interno? Facciamo davvero l’interesse del nostro mondo interno? Oppure facciamo l’interesse delle nostre parti più forti? Concentrandoci su come vogliamo apparire, forti, belli, super attivi, sempre sul pezzo. Alcune nostre parti interne, in questo modo, non hanno più nutrimento e quindi soffriamo. Così vale anche per la finanza: sta divorando il mondo. Gestisce l’economia che poi gestisce la politica. Cosa accade, però, dentro di me, nel mio mondo interno? Quante volte parliamo di investimenti affettivi? Il meccanismo è lo stesso della finanza: se io dico: ho investito tanto in questa relazione, vuol dire che ho messo la relazione allo stesso livello di una transazione, che voglio il mio ritorno, il mio guadagno; e se non c’è ritorno, sto male. Infine, l’altro. Spesso diciamo: l’altro mi schiaccia, mi domina, mi svaluta…ma tutto ciò che l’altro fa è la freccia che lui tira; cosa aggancia dentro di me? La paura di non essere abbastanza. Ogni freccia ha bisogno di un preciso bersaglio da colpire: la svalutazione che io attribuisco all’altro colpisce la mia svalutazione interna, la paura di non valere, quello che ognuno pensa di se stesso. Quindi, quando ci sentiamo colpiti da quello che proviene dal mondo esterno, possiamo chiederci: cosa colpisce dentro di me? A cosa si aggancia? Cosa sento? Dove sento? Quindi abbiamo la possibilità di divenire consapevoli dei nostri meccanismi interni e di intervenire su di essi. Questo produce in noi forza e libertà.
da Antonio Quaglietta | Mar 19, 2021 | Podcast, relazioni (poscast)
Cosa è la responsabilità e in che modo ci aiuta a costruire relazioni sane? Cosa vuol dire essere responsabili nelle relazioni? Molto spesso subiamo le relazioni, ci lamentiamo di come vanno e pensiamo di non essere parte attiva di quella relazione. Non siamo consapevoli di quanto, invece, i nostri comportamenti, i nostri atteggiamenti influenzino la relazione e contribuiscano a renderla una relazione di un certo tipo, magari proprio di quel tipo di cui ci lamentiamo! Per iniziare a comprendere quale sia la nostra responsabilità in una relazione, possiamo partire da una domanda fondamentale: come percepiamo le relazioni? Per es. percepiamo una distanza e diciamo che è lui/l’altro che si allontana, che è lontano da me? Oppure, percepiamo una eccessiva (per noi) vicinanza e diciamo che è l’altro che ci soffoca? O, ancora, percepiamo che siamo in una posizione down e diciamo che l’altro ci sovrasta, ci domina, non ci rispetta? Questa è passività nelle relazioni. L’altro fa qualcosa, io subisco, o meglio, sento di subire. Ma come è la situazione reale? Nella realtà, le relazioni sono circolari e continue. Tanto io invio verso l’altro, tanto l’altro invia verso di me, in uno scambio, in cui ognuno porta qualcosa all’interno della relazione. Ognuno dà il proprio contributo attivo. Ognuno porta nella relazione i propri bisogni, emozioni, convinzioni, punta l’attenzione su qualcosa di specifico. Lo porta nella relazione e riceve qualcosa. Vivere la relazione attivamente, con responsabilità, cosa significa? Quando ci prendiamo le nostre responsabilità nella relazione, acquisiamo potere, nel senso di possibilità. Prendersi la propria responsabilità porta ad un cambio di paradigma, in cui cominciamo a vedere chiaramente quali siano i frutti dell’inconsapevolezza, della passività. I frutti dell’inconsapevolezza sono: incapacità di vedere soluzioni; il potere-dominio sull’altro, che genera paura; maschera, che si costruisce sull’ignoranza del sé, sul non riconoscere i propri reali bisogni, sulla reattività e sulle convinzioni limitanti; atteggiamenti tossici di lamentela, pretesa e accusa. Questo produce veleno che noi portiamo nelle nostre relazioni. Occorre allora chiedersi: Quale è il nostro ruolo attivo nella relazione?
da Antonio Quaglietta | Mar 12, 2021 | emozioni (posdcast), mente (podcast), Podcast
Con Fabrizio Giuliani, maestro di meditazione, abbiamo fatto una pratica meditativa e abbiamo approfondito alcuni degli aspetti fondamentali quando si effettua una pratica di questo tipo. La prima cosa importante è che, quando facciamo una pratica, vogliamo che il corpo comunichi che stiamo prestando attenzione al momento presente. Quindi è necessario strutturare il corpo per il momento presente, che significa mettersi in una posizione comoda, in modo da restare eretti, prestando attenzione al corpo e restando, allo stesso tempo, rilassati. Attraverso la pratica, noi possiamo allenare la mente a tornare al momento presente: di solito, siamo abituati ad andare al passato o immaginare il futuro. È difficile calmare la mente perché siamo abituati al pensiero. Crediamo, erroneamente, che la meditazione sia non avere i pensieri. Lo scopo della pratica, invece, è vedere come si comporta la mente, no non pensare. La distrazione è la pratica, perché diveniamo consapevoli che c’era quel pensiero. Lo scopo è essere consapevoli che c’è un pensiero, che c’è un respiro. Quando osserviamo possiamo accorgerci che stiamo pensando. Uno degli ostacoli alla pratica può essere l’irrequietezza: abbiamo troppa energia e non riusciamo a stare fermi: cosa fare in questo caso? Possiamo prestare attenzione proprio a questo desiderio di “scappare”: questo diventa la pratica. Attraverso la pratica possiamo imparare ad accogliere le emozioni e a comprendere il forte legame tra esse e i nostri pensieri: le emozioni di per sé non sono né belle né brutte e non hanno una dignità propria. Sono semplicemente energia che attraversa il corpo. Che ne facciamo di questa energia? O cerchiamo di bloccarla oppure possiamo lasciarla fluire e quindi accogliere l’emozione ed attraversarla. L’origine della sofferenza è proprio volere ciò non c’è e non volere ciò che c’è. La mente giudica l’oggetto che si presenta col pensiero. Se è positivo lo vogliamo trattenere, se è negativo ce ne vogliamo liberare. in realtà, tutto è impermanente e attaccarci o rifiutare genera sofferenza. Più lo vediamo più la sofferenza diminuisce. La nostra vita emotiva è più fluida. L’accettazione avviene con l’esperienza. Essendo i testimoni benevoli di ciò che accade. Benevoli significa proprio che non ci attacchiamo e non respingiamo le emozioni e quindi i pensieri. Occorre praticare: se alleniamo la consapevolezza, allora i tempi per l’accettazione si riducono e anche la sofferenza diminuisce. E tu, quanto sei disponibile a fare pratica di consapevolezza? Fammi sapere nei commenti, Antonio Di seguito ti lascio i contatti di Fabrizio Giuliani per continuare a seguire i suoi insegnamenti e fare pratica insieme. Canale You Tube: https://www.youtube.com/channel/UCsdK… Sito Internet: https://mindfulnesspigneto.com/
da Antonio Quaglietta | Mar 5, 2021 | Podcast, relazioni (poscast), struttura dell’amore (posdcast)
Perché non riesco ad amare? Che cosa mi impedisce di amare? Di amare pienamente, di amare come vorrei, di amare tutti? Per poter provare a rispondere a queste domande, occorre partire da una considerazione principale: noi funzioniamo in un certo modo, ci muoviamo secondo uno schema ben preciso che parte dal pensiero e ci conduce all’azione. La prima azione è il pensiero: pensiamo qualcosa. In base ai pensieri che abbiamo, proviamo delle emozioni specifiche. A seconda delle emozioni che proviamo, noi avremo un determinato tipo di comportamento, agiremo cioè in certo modo. Quindi, PENSIERO – EMOZIONE – AZIONE. Il nostro pensiero è frutto delle conoscenze che abbiamo, cioè di ciò che conosciamo, che, a sua volta, deriva dalle nostre esperienze. Anche rispetto all’amore, nel corso della nostra vita, abbiamo formulato dei pensieri che ci hanno fatto costruire il “nostro” concetto dell’amore, ovvero le nostre convinzioni sull’amore. E sulla base di questo concetto, di queste convinzioni noi costruiamo gli impedimenti all’amore. in modo nevrotico, confondiamo i falsi bisogni con i veri bisogni, non riuscendo ad arrivare al nucleo di noi stessi e procurandoci una enorme sofferenza. La nevrosi ha la propria radice in bisogni non riconosciuti e non soddisfatti e produce l’ incapacità di rinunciare. questi sono falsi bisogni: se li soddisfo sto male, perché scatta l’autogiudizio, poichè non riesco a rinunciare a questo bisogno. Se non li soddisfo sto male lo stesso, perché sento un senso di vuoto. Sono sostanzialmente in un doppio legame: se faccio in un modo sto male, se faccio l’opposto sto male. In questo atteggiamento nevrotico, vedo solo due possibilità opposte ed entrambe procurano sofferenza. Cosa fare? per prima cosa è necessario individuare i Veri bisogni: quando c’è un vero bisogno se lo soddisfo (cioè non rinuncio al mio bisogno) io sto bene; se non lo soddisfo sto male e provo tristezza. Bisogna partire da questa domanda: quali sono i nostri veri bisogni? Quali sono i veri bisogni? Li riconosciamo perchè è qualcosa che fa stare bene me e le persone intorno a me, è ecologico per me e le mie relazioni. Per individuarli, poiché tendiamo all’amore, possiamo osservare una situazione win –win. Sono bisogni naturali. Il falso bisogno è sempre in una logica di potere: c’è chi vince e chi perde, è competitivo. E’ un bisogno culturale. La lotta è comprendere che qualcosa ci fa male e cercare di agire sul falso bisogno. Vedere che quando sto male se faccio e sto male se non faccio non sono in contatto con i veri bisogni: si tratta di individuare qual è il bisogno profondo. Cosa mi impedisce di amare in questo momento?
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