da Antonio Quaglietta | Gen 29, 2021 | Podcast, mente (podcast), relazioni (poscast), struttura dell’amore (posdcast)
Cosa vuol dire avere fiducia? In che modo possiamo farne esperienza e costruirla? Cosa, invece, ci spinge a voler mantenere il controllo? Cosa è la fiducia? Per poter comprendere cosa sia la fiducia è necessario partire da una distinzione fondamentale tra fiducia intesa come pretesa e richiesta di certezza (e quindi controllo) e fiducia intesa come apertura, come capacità di aprirsi agli altri, mostrarsi nelle proprie fragilità, che si concretizza sostanzialmente nel conoscersi e farsi conoscere. La fiducia secondo la prima accezione è un tipo di fiducia infantile: vogliamo prima essere certi che l’altro non tradirà la nostra fiducia e poi decidiamo di fidarci o meno; questo vale anche nei nostri confronti: vogliamo essere certi di riuscire, di non fallire, etc.; solo in quel caso avremo fiducia in noi stessi; è una fiducia che richiede controllo e continue verifiche, e che non ammette disconferme. Anche nelle relazioni con gli altri, la fiducia è fondamentale. Senza fiducia, infatti, non c’è relazione: quando non c’è fiducia, diamo credito a ciò che pensiamo piuttosto che alla verità dell’altro. Alziamo un muro, viene meno il contatto, ci isoliamo, e, praticamente, non siamo in relazione. Perché non ci fidiamo? Perché, nell’infanzia, abbiamo avuto esperienze tali per cui oggi non abbiamo fiducia: abbiamo idealizzato le nostre figure di riferimento e ne siamo stati delusi, quindi proviamo sfiducia. Come possiamo spostarci, allora, verso una maggiore fiducia? Occorre partire dalla conoscenza di noi stessi e guardarci con onestà, con verità, con benevolenza, con la consapevolezza che nella nostra umanità abbiamo anche parti che ci piacciano poco e a partire da questo, imparare a costruire la fiducia. La fiducia, infatti, si costruisce. Può arrivare, senza dubbio, la delusione e ciò che si è costruito viene perso. Questo accade perché all’inizio noi vogliamo vedere solo il se superiore (illusione) ma non vogliamo vedere il se inferiore, l’ego; imparare a fidarsi vuol dire però essere aperti agli errori, nostri e degli altri. Vuol dire imparare a guardare a se stessi, ai propri difetti. Questo ci consente di fidarci di noi e quindi di portare la nostra fiducia nelle relazioni. Infatti, nelle relazioni noi mostriamo le nostre relazioni interne. La fiducia che ho dentro posso portarla nella relazione con gli altri. Quindi il primo passo è quello di guardare a noi con onestà, sia nelle nostre parti egoiche che in quelle “animiche”: siamo l’intero. Quando ci vediamo per come siamo è difficile che non abbiamo fiducia in noi stessi e quindi negli altri. Accogliendo con fiducia quello che emerge alla luce della nostra umanità. Ed ora, rendiamo pratico ciò che abbiamo detto. Al link trovi uno schema che ti consentirà di lavorare concretamente, secondo le indicazioni illustrate nel video, sulla tua incertezza, sull’illusione del controllo e su come poter cambiare atteggiamento e andare verso la fiducia. https://drive.google.com/file/d/1hzGS1FjhXXj6qUeHPhT2pZZpCdZtjPRp/view
da Antonio Quaglietta | Gen 25, 2021 | Podcast, relazioni (poscast), struttura dell’amore (posdcast)
Come possiamo imparare a superare i nostri conflitti interni? E in che modo possiamo conoscere i nostri valori, riuscendo a soddisfare i nostri bisogni? Spesso ci troviamo a vivere e ad alimentare dei conflitti, sia con gli altri, sia con noi stessi, nonostante i nostri tentativi e il nostro desiderio di evitarli. Perché accade questo? Perché non abbiamo chiari i nostri bisogni né siamo consapevoli dei nostri valori. Innanzitutto occorre fare chiarezza su cosa sia un conflitto. Il conflitto è una situazione in cui sperimentiamo due forze che tirano in direzioni opposte. Finché cerchiamo di equilibrare queste due forze, in realtà, stiamo alimentando il conflitto. Come possiamo risolvere allora questo conflitto? Innanzitutto cambiando il livello da cui guardare al conflitto e il modo in cui relazionarci ad esso. Possiamo chiederci, per attuare questo passaggio, quali sono le spinte che determinano il nostro comportamento e alimentano il conflitto. A livello profondo, ci renderemo conto che la prima spinta sono i nostri bisogni: i nostri comportamenti sono spinti dai nostri bisogni. Subito dopo i bisogni, troviamo la seconda spinta: i valori. Possiamo chiederci, quindi: quali sono i miei valori? Cosa è importante per me? Una volta individuati i bisogni e i valori, possiamo soffermarci sui cosiddetti criteri di soddisfazione dei valori, ovvero quei comportamenti che agiamo per soddisfare i nostri bisogni e i nostri valori. Perché allora entriamo in conflitto? Perché, pur partendo dai bisogni di base comuni e da valori condivisi, le relazioni si complicano? Perché abbiamo criteri di soddisfazione diversi. Molto spesso non conosciamo neanche i nostri criteri di soddisfazione. Per trovarli dobbiamo prima trovare i nostri valori: cosa è importante per me in coppia? Cosa nel lavoro? Cosa nella relazione coi miei figli? Vedremo che verranno fuori tanti valori, che però sono astratti. Per renderli concreti, occorre andare ai significati che noi attribuiamo a ciascun valore. Quindi, possiamo chiederci, per ogni valore rintracciato, in che modo ci comportiamo per soddisfare quel valore. Abbandonando la rigidità a cui spesso siamo attaccati, possiamo successivamente chiederci in quali altri modi possiamo soddisfare i nostri valori. Ci renderemo conto che per un solo valore ci saranno infinti modi di soddisfarlo. E tu, sai riconoscere i tuoi bisogni nelle relazioni? Riesci a rintracciare i tuoi valori? In quali nuovi modi puoi soddisfare i tuoi valori?
da Antonio Quaglietta | Gen 25, 2021 | Podcast, mente (podcast), relazioni (poscast)
Hai mai fatto caso alle parole che utilizzi quando ti esprimi? Ti sei mai soffermato a notare quanto sia astratto il tuo linguaggio e a quante volte non esprime esattamente ciò che hai vissuto? Il nostro modo di parlare spesso è riflesso di un disordine interno e questo genera dei pensieri sfumati e confusi, finanche distorti. Accade spesso che siamo prigionieri della nostra mente. Cosa significa? E cosa c’entra il nostro pensiero-linguaggio? Come fa la nostra mente ad imprigionarci? La mente è uno degli strumenti più importanti, utili, funzionali che abbiamo per rendere la nostra vita più piena, per essere più flessibili e adattarci all’ambiente. Come mai allora questo potente e utilissimo strumento spesso ci imprigiona? Cosa è che la mente fa per renderci schiavi? Noi apprendiamo attraverso il pensiero-linguaggio, che ci premette, secondo un principio di economia in base al quale funziona la mente, di non dover apprendere nuovamente qualcosa che abbiamo già appreso. Il nostro apprendimento avviene applicando dei filtri necessari, ovvero dei processi di apprendimento necessari agli individui, per semplificare e velocizzare le scelte ed i comportamenti. Questi processi sono la cancellazione, la generalizzazione e la distorsione. Come li applichiamo per l’apprendimento di semplici comportamenti, allo stesso modo li utilizziamo nelle relazioni e per l’ apprendimento di comportamenti relazionali. Per cui, attraverso questi processi, trasformiamo l’esperienza che abbiamo vissuto e che stiamo comunicando (cancellando alcune parti, generalizzando degli aspetti, distorcendo/interpretando dei significati) in un’esperienza completamente diversa, che, però, diventa la nostra esperienza di riferimento. Cosa possiamo fare allora per mettere ordine nei pensieri? Possiamo prestare attenzione al nostro linguaggio, alle parole che utilizziamo. In particolare, possiamo fare attenzione ai termini che, nel metamodello, vengono definiti ‘universali’( tutti, nessuno, sempre, mai, etc) e ai verbi e sostantivi aspecifici, cioè vaghi e astratti (vorrei più serenità, sto male, mi ferisci, etc.) Per indagare i nostri pensieri occorre farci queste domande: *cosa intendo precisamente per….? quando siamo difronte a verbi e sostantivi non chiari *chi, cosa, quando precisamente…?quando siamo difronte agli universali. Prestando attenzione al nostri pensieri e al nostro linguaggio, facendoci le domande giuste possiamo uscire dalla prigione della nostra mente.
da Antonio Quaglietta | Gen 25, 2021 | Podcast, emozioni (posdcast), relazioni (poscast)
Che relazione hai col silenzio? Cosa è il silenzio? Cosa è per te il silenzio? Lo subisci? Lo ricerchi? Lo temi e, quindi, lo eviti? Come stai nel silenzio? È fondamentale farci queste domande perché la dimensione del silenzio può essere una dimensione di riscoperta di noi stessi. Non si tratta semplicemente di arrestare il rumore; non si tratta soltanto di creare spazi vuoti o imbarazzanti da riempire ad ogni costo; non si tratta neanche di sprofondare in comportamenti anestetizzanti per coprire emozioni che non vogliamo provare. il silenzio è una dimensione in cui incontriamo noi stessi, anche se si manifesta come uno spazio poco delineato rispetto a uno spazio in cui c’è rumore; è un luogo, in cui incontriamo anche il nostro mondo interiore. le nostre parti. E’ un modo per poter riconoscere delle voci che nel rumore non ascoltiamo o che vogliamo zittire. Spesso, infatti, utilizziamo il rumore per anestetizzarci, sia il rumore interno, mentale, sia il rumore esterno. E ci anestetizziamo perchè abbiamo paura, poichè il silenzio parla di noi, della nostra intimità. Ognuno di noi dà un significato diverso al silenzio, una connotazione personale, che varia in base all’esperienza che abbiamo vissuto. Ecco che allora può essere vissuto con imbarazzo, timore, come ostilità, rifiuto, indifferenza; ma può essere anche il luogo dell’ascolto, della quiete, della riflessione e della connessione. Qual è la relazione che tu hai oggi con il silenzio?
da Antonio Quaglietta | Gen 25, 2021 | Podcast, mente (podcast), relazioni (poscast)
Cosa è il dovere? Cosa vuol dire andare oltre il dovere? Come si arriva a ciò che si vuole? Devo e voglio non sono semplici parole. Sono delle categorie mentali. Per questo sono così potenti. I nostri devo sono delle vere e proprie regole che si celano dietro i nostri NON POSSO: abbiamo una serie di divieti, a causa dei quali ci impediamo di vivere determinare esperienze. Le regole, però, ci servono per vivere insieme agli altri e per vivere, in generale. Per questo abbiamo interiorizzato dei devo nel corso della nostra vita: per poter stare nel mondo. Col tempo, però, siamo rimasti schiacciati dal dovere. I doveri che ci imponiamo possono oscillare tra il dovere più superficiale (devo stirare, devo fare la spesa, etc.) e i devo che possiamo definire ‘nucleari’ (devo stare bene, devo capire, devo essere forte, devo piacere agli altri, etc.). Le doverizzazioni che ci imponiamo creano la realtà che viviamo. Tutt’altra categoria è quella del VOGLIO. Cosa possiamo fare per andare oltre il dovere e arrivare al voglio? Innanzitutto, iniziare a vedere quanti devo abbiamo dentro. E distinguerli dai voglio. E iniziamo a vedere cosa produce un DEVO e cosa produce un VOGLIO. Cosa produce il DEVO? – Fissità e blocco: restiamo fermi: energia bloccata – Obbligo: ci sentiamo obbligati a ‘rispondere’ al comando del devo – Mancanza di volontà: lo faccio perché ‘sono costretto’ – Mancanza di responsabilità: sono inconsapevole – Mancanza di libertà: non vedo possibilità – Rabbia: sensazione di subire e di ingiustizia Cosa produce il VOGLIO? – Movimento/cambiamento: sblocco dell’energia – Motivazione: stimolo all’azione – Aumento del potere/possibilità: capacità di vedere e trovare nuove soluzioni – Scelta: rinforzo della volontà – Libertà: conquista della responsabilità – Gioia: più libertà, più possibilità, più responsabilità In questo modo, guardandone gli effetti, possiamo distinguere i devo dai voglio e possiamo chiederci, per ogni devo che individuiamo: chi o cosa mi obbliga a farlo? Diamoci il permesso di sentire le emozioni che emergono e di attraversarle. Faremo, in questo modo, un nuovo passo verso la scelta, ovvero verso la libertà. E impareremo, finalmente, a trovare ciò che vogliamo. E tu, hai trovato ciò che vuoi?
da Antonio Quaglietta | Gen 25, 2021 | Podcast, relazioni (poscast)
Molto spesso ci troviamo a vedere e a sentire in alcune situazioni specifiche degli impedimenti ambientali a realizzare ciò che desideriamo, ovvero sentiamo che qualcuno o qualcosa ci impedisce di essere felice, raggiungere gli obiettivi, etc. In realtà, siamo nella totale inconsapevolezza del fatto che siamo noi stessi a mettere dei divieti inconsci, e quindi potentissimi, alla realizzazione di ciò che vogliamo. In questo modo, però, cediamo tutto il potere sulla nostra vita agli altri, sui quali scarichiamo anche le nostre responsabilità. Diamo potere e responsabilità agli altri della nostra vita. Che possiamo fare per riprendere il nostro potere, in termini di possibilità, e la nostra responsabilità? Possiamo partire da questa considerazione principale: se non ti dai il permesso, ti neghi la possibilità di viverlo. Cosa significa? Che se non siamo noi in prima persona a darci il permesso rispetto a qualcosa, non avremo mai la possibilità di vivere quello che ci neghiamo. E, in aggiunta, scaricheremo la responsabilità a qualcun’altro di questa mancanza. Il primo passo è riconoscere e portare a coscienza quali sono i nostri NON POSSO. Quindi, vedere in che modo possiamo modificare questi divieti in permessi, in POSSO. Ognuno di noi ha i suoi impedimenti, dovuti senza dubbio alle proprie esperienze, alla propria storia; ognuno, quindi, se vuole crescere ed evolvere,dovrà lavorare proprio su questi divieti, sulle proprie regole, per imparare a darsi i permessi, quelle autorizzazioni che sbloccano le situazioni in cui siamo incastrati e che ci procurano molta sofferenza. Tra i divieti più frequenti troviamo: NON POSSO SBAGLIARE NON POSSO SENTIRE NON POSSO CAMBIARE NON POSSO LASCIARE ANDARE. Dietro questi impedimenti, questi divieti ci sono una serie inganni che ci fanno rimanere bloccati. Per riuscire ad andare oltre il blocco, è necessario iniziare a darsi i permessi adeguati. Alcuni permessi nucleari, che ci riguardano nel profondo sono: POSSO ESISTERE POSSO ESSERE ME STESSO POSSO STARE BENE POSSO ESSERE INTIMO POSSO CRESCERE Non c’è niente di scontato e banale in questi permessi, poichè toccano il nostro nucleo profondo e non è così semplice darsi i permessi. Possiamo iniziare, però, questo lavoro di consapevolezza, partendo da uno stato meditativo, ricercando i nostri divieti e modificando il nostro linguaggio, dandoci i permessi che finora ci siamo negati. E ricorda: se non TI dai il permesso, ti neghi la possibilità di viverlo.
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