Il pensiero-linguaggio: parlare bene per pensare bene

Il pensiero-linguaggio: parlare bene per pensare bene

Il pensiero-linguaggio: parlare bene per pensare bene Hai mai fatto caso alle parole che utilizzi quando ti esprimi? Ti sei mai soffermato a notare quanto sia astratto il tuo linguaggio e a quante volte non esprime esattamente ciò che hai vissuto? Il nostro modo di parlare spesso è riflesso di un disordine interno e questo genera dei pensieri sfumati e confusi, finanche distorti. Accade spesso che siamo prigionieri della nostra mente. Cosa significa? E cosa c’entra il nostro pensiero-linguaggio? Come fa la nostra mente ad imprigionarci? La mente è uno degli strumenti più importanti, utili, funzionali che abbiamo per rendere la nostra vita più piena, per essere più flessibili e adattarci all’ambiente. Come mai allora questo potente e utilissimo strumento spesso ci imprigiona? Cosa è che la mente fa per renderci schiavi? Noi apprendiamo attraverso il pensiero-linguaggio, che ci premette, secondo un principio di economia in base al quale funziona la mente, di non dover apprendere nuovamente qualcosa che abbiamo già appreso. Il nostro apprendimento avviene applicando dei filtri necessari, ovvero dei processi di apprendimento necessari agli individui, per semplificare e velocizzare le scelte ed i comportamenti. Questi processi sono la cancellazione, la generalizzazione e la distorsione. Come li applichiamo per l’apprendimento di semplici comportamenti, allo stesso modo li utilizziamo nelle relazioni e per l’ apprendimento di comportamenti relazionali. Per cui, attraverso questi processi, trasformiamo l’esperienza che abbiamo vissuto e che stiamo comunicando (cancellando alcune parti, generalizzando degli aspetti, distorcendo/interpretando dei significati) in un’esperienza completamente diversa, che, però, diventa la nostra esperienza di riferimento. Cosa possiamo fare allora per mettere ordine nei pensieri? Possiamo prestare attenzione al nostro linguaggio, alle parole che utilizziamo. In particolare, possiamo fare attenzione ai termini che, nel metamodello, vengono definiti ‘universali’( tutti, nessuno, sempre, mai, etc) e ai verbi e sostantivi aspecifici, cioè vaghi e astratti (vorrei più serenità, sto male, mi ferisci, etc.) Per indagare i nostri pensieri occorre farci queste domande: *cosa intendo precisamente per….? quando siamo difronte a verbi e sostantivi non chiari *chi, cosa, quando precisamente…?quando siamo difronte agli universali. Prestando attenzione al nostri pensieri e al nostro linguaggio, facendoci le domande giuste possiamo uscire dalla prigione della nostra mente.
Conflitto interno e convinzioni limitanti: vai oltre le tue paure

Conflitto interno e convinzioni limitanti: vai oltre le tue paure

Conflitto interno e convinzioni limitanti: vai oltre le tue paure Da cosa nasce il nostro conflitto interno? Qual è il legame tra le convinzioni limitanti e la paura? Spesso, nelle relazioni finiamo per provare rabbia e non sappiamo perché. Può capitare di ripetere dei comportamenti, ricoprire dei ruoli ben definiti e rispondere alle situazioni sempre allo stesso modo. Abbiamo degli obiettivi, che ci sembrano anche chiari e specifici, ma non riusciamo a raggiungerli. Che cosa succede? Nello scambio con l’altro, alcune parti di noi si agganciano a parti dell’altro; quindi rispondiamo all’altro secondo schemi relazionali ben definiti. E, molto spesso, questi schemi sono governati proprio da queste due dinamiche: conflitto interno e convinzioni limitanti. Cosa hanno in comune il conflitto interno e le convinzioni limitanti? La paura. Da dove nasce la paura e in che modo precisamente ci ostacola? Le nostre paure sono spesso generate dalle nostre convinzioni. Cosa sono le convinzioni? Le convinzioni sono dei pensieri a cui diamo valore di verità. Noi viviamo la realtà in base alle nostre convinzioni. Le convinzioni seguono uno schema ben preciso: esprimono un potenziale (qualcosa che può essere messo in atto), che attiva delle azioni, che danno un risultato e che ci convincono di qualcosa nello specifico. Noi viviamo le nostre convinzioni e ne siamo completamente immersi. Sono potentissime. Quando ci rendiamo consapevoli di quali sono le nostre convinzioni limitanti possiamo agire su di esse e modificarle. Modificare una convinzione produce un cambiamento vero e concreto. Infatti, le convinzioni non sono solo dei semplici pensieri, ma diventano vera e propria struttura, fino a sedimentarsi nel corpo, condizionando anche il nostro modo di sentire. Come si cambiano le convinzioni? Non si devono cambiare, nè volerle distruggere. L’atteggiamento più costruttivo è quello di accostarci alle nostre convinzioni con voglia di scoprirle, curiosità, compassione ed amorevolezza. Perché se ci sono, se le abbiamo create, ci hanno salvato la vita. Anche se ora non ci servono più. Come possiamo rintracciare le convinzioni? Per rintracciare le convinzioni possiamo farci delle domande specifiche, rispetto a noi stessi, sulle nostre capacità, sulle possibilità di cambiamento, sui nostri meriti. Per esempio, se diciamo io sono…una persona….e ci mettiamo la nostra convinzione, chiediamoci: *Che cosa mi fa credere, mi da la certezza di…. *Rispetto a chi (vale per gli abbastanza, per i paragoni) *Come mi comporto quando credo a questo pensiero. Analizzando nel profondo le nostre convinzioni, ci renderemo conto che dietro si nascondono delle paure. E aumentando in questa direzione il nostro livello di consapevolezza, possiamo intervenire, modificando le nostre convinzioni, andando oltre le nostre paure. Quali sono le tue convinzioni limitanti? Quali paure nascondono? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Io posso: quando il linguaggio cambia la realtà

Io posso: quando il linguaggio cambia la realtà

Io posso: quando il linguaggio cambia la realtà Molto spesso ci troviamo a vedere e a sentire in alcune situazioni specifiche degli impedimenti ambientali a realizzare ciò che desideriamo, ovvero sentiamo che qualcuno o qualcosa ci impedisce di essere felice, raggiungere gli obiettivi, etc. In realtà, siamo nella totale inconsapevolezza del fatto che siamo noi stessi a mettere dei divieti inconsci, e quindi potentissimi, alla realizzazione di ciò che vogliamo. In questo modo, però, cediamo tutto il potere sulla nostra vita agli altri, sui quali scarichiamo anche le nostre responsabilità. Diamo potere e responsabilità agli altri della nostra vita. Che possiamo fare per riprendere il nostro potere, in termini di possibilità, e la nostra responsabilità? Possiamo partire da questa considerazione principale: se non ti dai il permesso, ti neghi la possibilità di viverlo. Cosa significa? Che se non siamo noi in prima persona a darci il permesso rispetto a qualcosa, non avremo mai la possibilità di vivere quello che ci neghiamo. E, in aggiunta, scaricheremo la responsabilità a qualcun’altro di questa mancanza. Il primo passo è riconoscere e portare a coscienza quali sono i nostri NON POSSO. Quindi, vedere in che modo possiamo modificare questi divieti in permessi, in POSSO. Ognuno di noi ha i suoi impedimenti, dovuti senza dubbio alle proprie esperienze, alla propria storia; ognuno, quindi, se vuole crescere ed evolvere,dovrà lavorare proprio su questi divieti, sulle proprie regole, per imparare a darsi i permessi, quelle autorizzazioni che sbloccano le situazioni in cui siamo incastrati e che ci procurano molta sofferenza. Tra i divieti più frequenti troviamo: NON POSSO SBAGLIARE NON POSSO SENTIRE NON POSSO CAMBIARE NON POSSO LASCIARE ANDARE. Dietro questi impedimenti, questi divieti ci sono una serie inganni che ci fanno rimanere bloccati. Per riuscire ad andare oltre il blocco, è necessario iniziare a darsi i permessi adeguati. Alcuni permessi nucleari, che ci riguardano nel profondo sono: POSSO ESISTERE POSSO ESSERE ME STESSO POSSO STARE BENE POSSO ESSERE INTIMO POSSO CRESCERE Non c’è niente di scontato e banale in questi permessi, poichè toccano il nostro nucleo profondo e non è così semplice darsi i permessi. Possiamo iniziare, però, questo lavoro di consapevolezza, partendo da uno stato meditativo, ricercando i nostri divieti e modificando il nostro linguaggio, dandoci i permessi che finora ci siamo negati. E ricorda: se non TI dai il permesso, ti neghi la possibilità di viverlo. Quali sono i tuoi NON POSSO? Quali i permessi che non ti dai? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Vai oltre il dovere: trova ciò che vuoi

Vai oltre il dovere: trova ciò che vuoi

Vai oltre il dovere: trova ciò che vuoi Cosa è il dovere? Cosa vuol dire andare oltre il dovere? Come si arriva a ciò che si vuole? Devo e voglio non sono semplici parole. Sono delle categorie mentali. Per questo sono così potenti. I nostri devo sono delle vere e proprie regole che si celano dietro i nostri NON POSSO: abbiamo una serie di divieti, a causa dei quali ci impediamo di vivere determinare esperienze. Le regole, però, ci servono per vivere insieme agli altri e per vivere, in generale. Per questo abbiamo interiorizzato dei devo nel corso della nostra vita: per poter stare nel mondo. Col tempo, però, siamo rimasti schiacciati dal dovere. I doveri che ci imponiamo possono oscillare tra il dovere più superficiale (devo stirare, devo fare la spesa, etc.) e i devo che possiamo definire ‘nucleari’ (devo stare bene, devo capire, devo essere forte, devo piacere agli altri, etc.). Le doverizzazioni che ci imponiamo creano la realtà che viviamo. Tutt’altra categoria è quella del VOGLIO. Cosa possiamo fare per andare oltre il dovere e arrivare al voglio? Innanzitutto, iniziare a vedere quanti devo abbiamo dentro. E distinguerli dai voglio. E iniziamo a vedere cosa produce un DEVO e cosa produce un VOGLIO. Cosa produce il DEVO? – Fissità e blocco: restiamo fermi: energia bloccata – Obbligo: ci sentiamo obbligati a ‘rispondere’ al comando del devo – Mancanza di volontà: lo faccio perché ‘sono costretto’ – Mancanza di responsabilità: sono inconsapevole – Mancanza di libertà: non vedo possibilità – Rabbia: sensazione di subire e di ingiustizia Cosa produce il VOGLIO? – Movimento/cambiamento: sblocco dell’energia – Motivazione: stimolo all’azione – Aumento del potere/possibilità: capacità di vedere e trovare nuove soluzioni – Scelta: rinforzo della volontà – Libertà: conquista della responsabilità – Gioia: più libertà, più possibilità, più responsabilità In questo modo, guardandone gli effetti, possiamo distinguere i devo dai voglio e possiamo chiederci, per ogni devo che individuiamo: chi o cosa mi obbliga a farlo? Diamoci il permesso di sentire le emozioni che emergono e di attraversarle. Faremo, in questo modo, un nuovo passo verso la scelta, ovvero verso la libertà. E impareremo, finalmente, a trovare ciò che vogliamo. E tu, hai trovato ciò che vuoi? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Comunicazione a cosa reagisci?

Comunicazione a cosa reagisci?

Comunicazione: a cosa reagisci? Quando abbiamo uno scambio, una comunicazione con qualcuno, a cosa dobbiamo porre attenzione? Perché capita che non riusciamo a capire o farci capire? Quante volte ci capita di non riuscire ad avere una comunicazione efficace? La maggior parte della comunicazione che utilizziamo è distruttiva e violenta, basata su uno schema di potere dominio sull’altro. In queste circostanze, a livello superficiale, apparentemente, ci sembra che la comunicazione con l’altro sia una comunicazione adulto-adulto; in realtà è una comunicazione bambino-bambino, in cui ognuno vuole far emergere le sue ragioni, una comunicazione di tipo egoico in cui si cerca di prevalere sull’altro. Se vogliamo che la nostra comunicazione sia evolutiva, ci dobbiamo accorgere del bambino che vuole avere ragione e vuole potere sull’altro. Possiamo analizzare la nostra comunicazione utilizzando il quadrato della comunicazione, uno strumento che porta l’attenzione su quattro principali canali di comunicazione. Con il quadrato della comunicazione noi possiamo approfondire il tipo di comunicazione che utilizziamo con l’altro e vedere: – come ci definisce – cosa vuole che facciamo – chi è l’altro/come si definisce – relazione, qual è il rapporto tra di noi. Quando ci agganciamo ai nostri vissuti, sprofondiamo nel nostro mondo interno e perdiamo il contatto con la realtà diventando ‘qualcosa’ che non siamo e attivando una reazione che risponde a quel sentire. Se ci osserviamo con consapevolezza, man mano che ci agganciamo ai nostri vissuti, possiamo scoprire quelli che sono i nostri canali comunicativi preferenziali. E tu, quale canale di comunicazione utilizzi prevalentemente? Fammi sapere nei commenti, Antonio E tu, che tipo di comunicazione hai con te stesso? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Che tipo di comunicazione hai con te stesso?

Che tipo di comunicazione hai con te stesso?

Che tipo di comunicazione hai con te stesso? Ognuno di noi attiva, a seconda delle circostanze, un tipo di comunicazione specifica, un proprio stile comunicativo. Quando abbiamo un dialogo con qualcuno, è necessario adeguare il linguaggio alla persona che abbiamo difronte. E il tipo di linguaggio che utilizziamo è lo specchio del tipo di comunicazione che abbiamo con noi stessi. Se volete aiutare voi stessi è necessario, quindi, adeguare il linguaggio che usiamo appunto con noi stessi: se stiamo parlando alle nostre parti – parlo di dialogo intrapersonale – spesso noi cerchiamo di convincere una nostra parte piccola con il ragionamento di una nostra parte adulta, senza renderci conto che il bambino ha un linguaggio molto più semplice. Fateci caso, notate cosa accade dentro di voi, perché come comunichiamo all’interno così tendiamo a comunicare all’esterno. Nella comunicazione intrapersonale, come anche nella comunicazione interpersonale, un aspetto basilare è l’ascolto. Di solito ci capita che, invece di dare ascolto, noi offriamo soluzioni e giudizi. Mentre chi ci chiede ascolto ha solo bisogno di uno spazio di non giudizio. Noi, invece, diamo la soluzione per sentirci up, per sentirci bravi; dare soluzioni è un modo più raffinato per giudicare un altra persona. Sospendere il giudizio, al contrario, vuol dire concentrarsi sull’altro, sentire il suo vissuto, e si può fare solo se ci consideriamo umani come l’altro. Un ascolto non giudicante, un dialogo non giudicante, ci consentono di sospendere il giudizio anche verso noi stessi. E questa è la base di una buona comunicazione. E tu, che tipo di comunicazione hai con te stesso? Fammi sapere nei commenti, Antonio