Volersi bene e amare se stessi

Volersi bene e amare se stessi

Volersi bene e amare se stessi sappiamo tutti che è fondamentale. Ma come ci si vuole bene, come si può amare se stessi. Se ci rifacciamo alle tradizioni sapienziali, alla spiritualità, anche a memoria conosciamo la frase: ama il prossimo tuo come te stesso, e siamo abituati a ripeterlo, ma non a incarnarlo. sapere come amare se stessi è il vero tesoro da scoprire. E che vuol dire incarnarlo? Vuol dire come volersi bene e amarsi. Concretamente significa renderci conto che noi possiamo amare un’altra persona, anche nostro figlio, nel modo in cui ci amiamo. L’amore che proviamo per l’altro è uno specchio della nostra reale capacità di amare noi stessi. Ma se siamo una persona, che vuol dire amare noi stessi? Come possiamo volerci bene? Vuol dire innanzitutto capire che dentro di noi abbiamo un mondo che è fatto di parti che spesso tendono verso direzioni molto diverse. Vendendo e accettando ogni singola parte di noi iniziamo ad amarci a voler bene a noi stessi. Nel video, estratto da un seminario sulla comunicazione non violenta, Antonio Quaglietta, psicologo relazionale, mostra le capacità fondamentali che ci permettono di raggiungere questo grande traguardo concreto, sviluppare la capacità di mare se stessi e di volersi bene. Esercitandosi ad applicare la comunicazione non violenta di Rosemberg, con il nostro mondo interno possiamo davvero sviluppare una modalità pratica e quotidiana di volersi bene. L’amore per sé diventa così una pratica e non un sentimentalismo astratto da inseguire.
Relazione o gratificazione?

Relazione o gratificazione?

Relazione o gratificazione? Cosa è la gratificazione? Quanto condiziona le nostre relazioni? In che modo siamo portati a vivere nel circuito della gratificazione? Naturalmente, come essere umani, siamo alla ricerca costante di qualcosa che sentiamo esiste e che sentiamo essere importante per noi. A questo diamo un’ etichetta linguistica, definendo ciò che cerchiamo felicità, gioia, serenità. Questa nostra ricerca, però, si collega ad un aspetto fondamentale della nostra vita, che è la gratificazione ed il piacere. Siamo abituati al ‘tutto e subito’, meccanismo che fa parte proprio del circuito della gratificazione: proviamo piacere, produciamo dopamina, abbiamo gratificazione immediata e ne diventiamo dipendenti. Tutto ciò che non è immediatamente piacevole non lo sappiamo più vivere. Questo ha delle conseguenze nelle nostre relazioni. Le relazioni vere non sono quelle hollywoodiane e delle favole, dove tutto sembra perfetto. Ma in questo circuito di continua ricerca di gratificazione, siamo portati a sperare proprio nella favola holliwoodiana. Come mai accade questo? Finché diventiamo schiavi della gratificazione immediata saltelliamo come palline da ping pong nel tentativo di trovare la relazione da favola e le soluzioni perfette per avere la nostra dose di piacere e dopamina, senza aspettare le normali fasi che la vita ci propone. Ci sfugge, però, che dietro la ricerca immediata della felicità, del piacere, del tutto e subito, ci sono dei bisogni, la cui soddisfazione richiede impegno e tempo, oltre che ricerca interiore. Le esperienze gratificanti che ricerchiamo, invece, sono fonte di distrazione da se stessi, dalla presenza, dalla vita. Proviamo gratificazione, ma abbiamo una vita vuota. Quali sono i tuoi bisogni nascosti dietro alla gratificazione? Quanto tempo ti concedi per sentire le spinte verso la ricerca del piacere e del ‘tutto e subito’? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Come si fa ad entrare in empatia?

Come si fa ad entrare in empatia?

Come si fa ad entrare in empatia e che significa essere empatici? In questo video sull’empatia, Antonio Quaglietta, psicologo relazionale mostra come è possibile entrare in empatia. Chiariamo il significato di empatia. L’empatia è la capacità di cogliere e sentire il vissuto emotivo altrui. Che si tratti di rabbia, tristezza, gioia, paura o altro essere empatici significa cogliere le emozioni dell’altro. Sperimentare l’empatia significa innanzitutto prendere consapevolezza della nostra comunicazione. Quando parliamo con qualcuno, infatti, tendiamo ad essere spesso egocentrati, utilizziamo la comunicazione per avere ragione. Questa non è certo comunicazione empatica. La comunicazione empatica, infatti è quella che ci permette di entrare in contatto profondo con l’altro e percepirne il vissuto. Questo significa essere empatici. Si può sviluppare l’empatia ed essere più empatici? Certo, nonostante la comunicazione empatica non sia il modello comunicativo di riferimento della nostra società, basata sul potere dominio, che ci spinge all’isolamento relazionale ed emotivo. Essere empatici ci fa paura! Entrare in empatia è invece la più alta facoltà dell’essere umano. Perché essere empatici ci permette di vivere relazioni molto più profonde ed appaganti. In questo video sull’empatia vediamo proprio come poter attivare una comunicazione empatica e migliorare le nostre relazioni.
Relazione con te stesso: conta più l’interno o l’esterno?

Relazione con te stesso: conta più l’interno o l’esterno?

Relazione con te stesso: conta più l’interno o l’esterno? Quale relazione hai con te stesso? Quali riferimenti hai? Per te conta più l’interno o l’esterno? Spesso, nella relazione, noi proiettiamo sugli altri quello che riguarda noi stessi. Quando diciamo che qualcuno ci svaluta sostanzialmente siamo noi che lo stiamo facendo nei confronti dell’altro, o anche nei confronti di noi stessi. Molte delle persone che poi sono diventate famose per quello che facevano sono state stroncate diverse volte nei loro progetto, ma quelle persone hanno continuato a provarci comunque, cioè hanno bilanciato il riferimento esterno con il riferimento interno. Per poter dare una risposta adeguata alle situazioni che viviamo, è necessario imparare a bilanciare questi due tipi di riferimento: valuto ciò che arriva dall’esterno e ciò che arriva dall’interno e lo equilibro. E tu, quale riferimento prediligi nella relazione con gli altri? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Scelta o dovere: scegliere o subire?

Scelta o dovere: scegliere o subire?

Scelta o dovere: scegliere o subire? Molto spesso ci capita di vivere la nostra scelta come un dovere. E quindi pensiamo di subire e non di scegliere realmente ciò che facciamo. Perchè? Siamo blocca nel ‘devo’ e nel ‘non posso’. Questi sono degli obblighi che ci diamo per rispondere a delle regole precise che abbiamo ricevuto da bambini. Ma se c’è un obbligo ci deve essere un’autorità (qualcosa o qualcuno) che mi impedisce di fare il contrario della regola. Per i bambini, però, è necessario ricevere delle regole, perchè si formino i loro comportamenti. Da adulti il discorso cambia. Da bambini riceviamo delle regole. Il problema è che esiste una linea temporale e quindi se noi ci portiamo quelle imposizioni anche da adulti che cosa stiamo facendo? Stiamo reagendo in modo acritico, cioè stiamo rispondendo a qualcosa che abbiamo acquisito in una fase in cui era utile senza pensare da adulti. Ogni ‘devo’ e ogni ‘non posso’ se non sono trasformabili in ‘scelgo’ diventano un macigno che provoca malessere. Fare una scelta, non per dovere, ci dà molta più libertà. Invero, scegliamo sempre, anche quando siamo convinti di subire, di non avere scelta. Se rispondiamo in maniera acritica ad una regola la stiamo subendo, poichè dietro c’è un condizionamento che sta mandando avanti la regola. In realtà è sempre una scelta. Perchè allora ne facciamo un dovere? Per sentirci vittime. Quanta libertà c’è nelle tue scelte? Quanto le subisci? Quanto sei consapevole che anche nel dovere c’è la scelta? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Relazioni: qual è il vero scambio relazionale?

Relazioni: qual è il vero scambio relazionale?

Relazioni: qual è il vero scambio relazionale? Cosa è uno scambio relazionale? Quando si può iniziare a parlare di scambio? Nelle relazioni, riusciamo a mostrare noi stessi? La libertà inizia quando inizi a mostrarti, a te stesso e agli altri. Attenzione: A TE STESSO e agli altri, perché spesso i peggiori bluff li facciamo a noi stessi. Di solito i dialoghi comuni li chiamiamo scambi, ma ci ritroviamo davanti a delle persone chiuse ognuna nella propria bolla, a delle solitudine che si incontrano. Quando ti tieni le mani e ti guardi negli occhi inizi a spaventarti. Lo sforzo sta nel fatto di entrare in una dimensione più umana, un po’ oltre le maschere che indossiamo. Quali sono i tuoi scambi? Quali le tue paure più grandi nello scambio?