Scelta o scegliere?

Scelta o scegliere?

Scelta o scegliere? Esiste la scelta? Come fare una scelta? Come si fa a fare una scelta? Spesso ci capita di rimanere bloccati in alcune situazioni, perché non sappiamo fare una scelta. Difronte alle infinite possibilità di scelta, restiamo fermi, non riusciamo a scegliere. Perché? Perché non esiste LA scelta! Esiste lo scegliere. Lo scegliere è un flusso, un qualcosa che si manifesta in divenire, che scorre, come un fiume. Di fatto, noi scegliamo di continuo; facciamo micro scelte ogni momento, alcune sono più consapevoli, altre meno. Arriva, poi, un momento in cui lo scegliere, che è un flusso sempre possibile e sempre con nuove scelte, si trasforma nella scelta – si chiama tecnicamente ‘nominalizzazione’, cioè un azione attraverso cui racchiudo un processo in un nome statico – come se prendessi l’acqua del fiume e ne facessi un blocco di ghiaccio. Quando accade questo, cioè che lo scegliere diventa LA scelta, inizia un altro processo che blocca il flusso. E non riusciamo ad andare avanti e difronte alla scelta ci blocchiamo. In realtà, la scelta vera è stare nel flusso delle piccole scelte. Per uscire da questo tipo di blocco, possiamo chiederci qual è la più piccola cosa concreta che possiamo fare per andare nella direzione di ciò che vogliamo. In questo modo, facendo un piccolo passo alla volta, restiamo nel flusso della scelta, nello scegliere e possiamo uscire dai nostri blocchi. Qual è la più piccola e concreta azione che puoi fare per passare dalla scelta allo scegliere? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Io devo! Quanto i tuoi ‘devo’ ti limitano?

Io devo! Quanto i tuoi ‘devo’ ti limitano?

Io devo! Quanto i tuoi ‘devo’ ti limitano? Io devo essere perfetto! Io devo essere forte! Io devo essere un buon genitore! Io devo fare bene ogni cosa! Quante volte volte ti capita di pensare in questi termini? Quanto i tuoi ‘devo’ ti limitano? Spesso nella nostra mente spuntano questo generi di pensieri sul ‘dovere’: devi essere perfetto, devi essere performante, devi essere buono, devi essere un bravissimo genitore ; insomma, un elenco lunghissimo di doveri, che riguardano i più diversi aspetti della nostra vita: lavoro, vita privata, rapporto con noi stessi. Ci carichiamo di veri e propri obblighi ad essere e a fare, che ci tolgono la libertà, perché limitano la nostra volontà e possibilità di scelta. Ogni parola che utilizziamo nel nostro modo di parlare ha un peso, un potere. Dire ‘io devo’ ci incastra in emozioni come rabbia, frustrazione ed ansia, in quanto vorremmo essere diversi da ciò che siamo. Utilizzando le quattro domande del lavoro di Byron Katie possiamo ampliare il nostro punto di vista rispetto alle doverizzazioni e renderci conto che i devo che ci limitano sono dei pensieri e che possiamo imparare, cambiando il linguaggio, a cambiare anche le sensazioni e le emozioni ad essi legate.
Quanto vuoi essere consapevole?

Quanto vuoi essere consapevole?

Quanto vuoi essere consapevole? Quanto sei consapevole? Qual è il tuo livello di consapevolezza in questo momento? Integrando il lavoro di Byron Katie, vediamo che esistono tre gradi di consapevolezza. Il primo livello di consapevolezza è, in realtà, un livello di totale inconsapevolezza. A questo livello sentiamo di non avere potere nella nostra vita e il nostro livello di consapevolezza è pari a zero. Proviamo malessere. La realtà interna registra i dati della realtà esterna e siamo convinti che quello che ci accade dipende dall’esterno, che le cose accadono per caso e siamo eternamente insoddisfatti, in quanto, se da un lato ci sentiamo sollevati dal non doverci assumere la responsabilità di ciò che ci accade, dall’altro questo implica per noi l’impossibilità di decidere per la nostra stessa vita. Il secondo livello di consapevolezza è quello di consapevolezza di base. Essere consapevoli a questo livello significa sapere di poter gestire pensieri ed emozioni. In questo caso siamo consapevoli ‘a metà’, è un livello medio di consapevolezza. Le resistenze che si attivano sono molto alte. Perché devo gestire io le emozioni che mi procurano gli altri? Il secondo livello è basato sui significati che diamo alle realtà esterna. A questo livello cominciamo ad essere consapevoli delle nostre possibilità di agire sulla realtà esterna e cominciamo a vedere le nostre responsabilità e, di conseguenza, le nostre possibilità. Il terzo livello di consapevolezza è quello della consapevolezza superiore, che porta ad un’azione semplice quanto difficile: osservare la mente. Aldilà dei significati che attribuiamo alla realtà esterna, cominciamo ad essere consapevoli del fatto che non siamo i nostri pensieri. Noi siamo l’entità oltre la mente. Anche a questo livello si attivano molte difese: chi saremmo senza la nostra storia? Si sgretola l’identità e quindi si attivano le difese. Quindi chi siamo? Siamo l’entità che c’è oltre la mente. A questo livello impariamo ad osservare i prodotti della mente. e andare oltre la sofferenza che deriva dal pensiero. Ognuno di noi, una volta acquisita questa consapevolezza, può decidere quanto vuole essere consapevole nella sua vita. E tu, quanto vuoi essere consapevole? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Cambiamento: 7 ostacoli da superare

Cambiamento: 7 ostacoli da superare

Cambiamento: 7 ostacoli da superare Cosa è per noi il cambiamento? Perché nonostante gli sforzi che facciamo, non otteniamo il cambiamento che vogliamo? Perché abbiamo resistenze al cambiamento? Quando vogliamo cambiare e non ci riusciamo, quando vincono le nostre resistenze al cambiamento, quando restiamo bloccati esattamente nel punto in cui ci troviamo e preferiamo lo status quo piuttosto che rischiare il cambiamento, fermiamoci! Fermarsi è importante per riuscire a vedere quali sono quegli ostacoli che impediscono la nostra evoluzione personale. Rendersi consapevoli della mappa di questi ostacoli ci aiuta finalmente a sbloccare il nostro cammino verso l’evoluzione e ottenere il cambiamento che più desideriamo. Quali sono questi ostacoli? – Ostacolo numero 1: tutto ciò che è sconosciuto. Il cambiamento ci fa paura, perché ci sposta da dove siamo per andare verso qualcosa che non conosciamo. – Ostacolo numero 2: la responsabilità. Se facciamo qualcosa di nuovo, se produciamo un cambiamento, ne vedremo gli effetti e dovremo essere in grado di rispondere a quella nuova situazione, dovremo prendercene la responsabilità. – Ostacolo numero 3: il vittimismo. Cambiare attivamente ci impedisce di sentirci vittime: perdiamo tutta una serie di benefici legati alla nostra situazione di partenza. – Ostacolo numero 4: la nostra ombra. Dobbiamo imparare a vedere la nostra ombra ed accogliere le nostre parti, anche quelle che ci sembrano meno amabili. Quando ci confrontiamo con l’ombra, possiamo integrare e crescere davvero. – Ostacolo numero 5: l’orgoglio. L’orgoglio si lega alla pretesa (e l’illusione) di essere e voler essere solo in un modo…io devo essere così…in questo modo neghiamo tutte le nostre altre parti. – Ostacolo numero 6: la fatica. Per ottenere un cambiamento ci vuole sforzo e fatica. Ci vuole impegno. Attenzione, però, al mito che il cambiamento debba essere per forza duro, doloroso, irraggiungibile e lontano nel tempo. O, al contrario, vediamo il cambiamento come qualcosa che si può ottenere con le super tecniche veloci e immediate! Ci vuole del tempo, ognuno il proprio tempo. – Ostacolo numero 7: illusione di controllo. Chiediamoci: è possibile avere il controllo sulle nostre relazioni? o su noi stessi? Il controllo non esiste. Abbiamo l’illusione di controllo. Lavorare sul bisogno, sulla paura che c’è dietro al tentativo di controllo è una possibilità per mollare il controllo e rendere concreto il cambiamento. Quali sono i tuoi ostacoli al cambiamento? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Giudizio interno: quando giudicarsi ostacola il cambiamento.

Giudizio interno: quando giudicarsi ostacola il cambiamento.

Giudizio interno: quando giudicarsi ostacola il cambiamento. I più severi giudici di noi stessi, siamo noi stessi! Come? Attraverso il giudizio interno. Il giudizio interno ci procura un enorme senso di colpa e, di conseguenza, e produce la sensazione di avere un macigno dentro, qualcosa che ci pesa e riduce il nostro benessere. Giudicarsi è una delle pratiche a cui dedichiamo, senza accorgercene, gran parte del nostro tempo. È un processo meccanico: questo giudizio interno ci dice non solo che abbiamo sbagliato, ma anche che siamo sbagliati. Il giudizio interno arriva a dirci che non dovremmo esistere, andando a far vacillare la nostra identità. In che modo possiamo andare oltre il giudizio interno ed imparare ad accettarci, per poter produrre un vero e proprio cambiamento? Per poter attivare un cambiamento concreto occorre fare esperienza di una pratica fondamentale: il perdono. Se ci perdoniamo, possiamo autenticamente chiederci: cosa si può migliorare in questa situazione? Come si può smettere di giudicarsi? Solo partendo da questa pratica si può andare oltre il giudizio interno e generare un cambiamento vero. E tu, quanto riesci ad andare oltre il giudizio interno? Fammi sapere nei commenti.
Oltre la confusione

Oltre la confusione

Oltre la confusione Cosa è la confusione? Cosa vuole dire essere confusi? Da dove nasce la confusione e cosa produce? La confusione, fondamentalmente, produce malessere. Cosa vuol dire confondere? Fondere insieme. Che cos’è che confondiamo? Innanzitutto, abbiamo una grande confusione rispetto al nostro mondo interno e spesso non riusciamo a gestirlo. Siamo abbastanza impotenti ed ignoranti, rispetto a chi siamo e cosa c’è dentro di noi. Per andare oltre la confusione ed iniziare a fare chiarezza dentro di noi, è necessario partire dalla considerazione che il nostro sistema mente-corpo ha 5 componenti fondamentali: *emozioni *pensieri *bisogni *percezioni *sentimenti Tutte queste componenti funzionano come un sistema ed occorre integrarle, altrimenti entriamo in conflitto. Le emozioni sono energia che ci attraversa, hanno una forte componente fisica, sono strettamente collegate a pensieri e bisogni ed hanno una durata molto ridotta. I pensieri rappresentano il prodotto della nostra attività mentale e sono immagini, frasi, parole, odori e producono emozioni. I bisogni sono le condizioni che noi crediamo che debbano essere soddisfatte per star bene; possiamo distinguere i bisogni reali (primari) e bisogni indotti (secondari). Sono la causa delle nostre emozioni, nel senso che le emozioni scaturiscono dal bisogno non soddisfatto. Se sono in contatto con i miei bisogni riesco a gestire anche le mie emozioni. Le percezioni sono costruite dal processo di organizzazione dei dati grezzi esterni per dare un significato a ciò che accade. Servono per riportare la realtà esterna a confronto con la realtà interna. I sentimenti sono legami affettivi che spesso vengono scambiati con le emozioni. Il sentimento è un legame che si estende nel tempo, è fondato ed è fondante di una relazione, e richiede conoscenza, scambio e permette di conoscersi, di confrontarsi e di regolare la relazione, di crescere in una relazione lungo i suoi diversi momenti. La confusione nasce dal fatto che non distinguiamo più le varie componenti (emozioni, percezioni, pensieri, bisogni e sentimenti) e quindi si creano confusione e conflitto interno. Per vivere bene è necessario andare oltre la confusione imparando a conoscerci, a vedere che siamo fatti di parti e a comprendere che, una volta conosciuto ciò che abbiamo dentro, possiamo governare al meglio la nostra vita.