Ritrovare se stessi: l'equilibrio tra vita interiore ed esteriore

Ritrovare se stessi: l'equilibrio tra vita interiore ed esteriore

Come tornare al centro quando la vita esterna prende il sopravvento

Nella frenesia quotidiana, quanti di noi vivono costantemente proiettati all'esterno - tra impegni, risultati da raggiungere, riconoscimenti da ottenere? 

Le due vite che viviamo

Esistono sostanzialmente due dimensioni della nostra esistenza: la vita interiore e quella esteriore. La vita interiore - quella vera, autentica - esiste solo nel presente. È l'unica realtà che abbiamo. La vita esteriore, invece, è quella mentale, fatta di proiezioni sul passato e sul futuro, di film mentali che la nostra mente continuamente produce.

"L'unica vita reale è quella nel presente. L'altra, nel passato e nel futuro, è la vita mentale, non reale". La nostra memoria non riproduce fedelmente ciò che è accaduto, ma ricrea storie che cambiano nel tempo, influenzate dal nostro umore e dalla nostra personalità.

Il circolo vizioso della vita esteriore

Quando viviamo esclusivamente all'esterno, cadiamo in un circolo vizioso di paure:

  • La paura di non essere accettati e riconosciuti
  • La paura di non avere abbastanza
  • La paura di perdere ciò che abbiamo

Questo ci porta a dipendere dall'approvazione altrui, a sentire che il nostro umore è governato dalle circostanze esterne, a percepirci vuoti senza stimoli esterni. Molti non riescono a percepirsi se non attraverso ciò che fanno, i risultati che ottengono, la loro produttività.

Chi siamo veramente?

La domanda fondamentale è: se non siamo i nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri ricordi, chi siamo? La risposta è semplice ma profonda: siamo la coscienza che osserva tutto questo. Siamo quell'osservatore silenzioso che può vedere i pensieri che passano, le emozioni che si susseguono, senza esserne travolto.

"Io non sono il mio pensiero, sono quello che ha osservato quel pensiero e che ora ve lo può riferire". Questa distinzione è fondamentale per non rimanere intrappolati nelle montagne russe emotive della vita esteriore.

Ritrovare il gusto della vita

Citando Don Luigi Epicoco, introduciamo un concetto rivoluzionario: "Tornare a gustare la vita significa trovare un sapore nascosto anche nelle difficoltà". Non si tratta di evitare la sofferenza o di lamentarsi quando arriva, ma di imparare a essere presenti anche nei momenti difficili, trovando significato in ogni esperienza.

La vita non è un problema da risolvere con la logica binaria di un computer. C'è una quota di sofferenza per tutti, e se la attraversiamo presenti, possiamo percepire noi stessi anche nella difficoltà. Come testimonia una partecipante alla diretta che ha affrontato un linfoma: "Mi sentivo viva come non mai, non ho perso il gusto della vita".

Tre domande per ritrovarsi

Quando ci sentiamo persi nella mente, dispersi, possiamo fermarci e porci tre semplici ma potenti domande:

  1. Cosa sto sentendo davvero? - Fermarsi e ascoltare il corpo, localizzare le emozioni, riconoscerle senza giudicarle.
  2. Di cosa ho veramente bisogno in questo momento? - Non la risposta superficiale della mente, ma il bisogno profondo. Spesso è semplicemente fermarsi, ritrovare serenità, imparare a stare con la frustrazione.
  3. Dove sono la mia mente e il mio cuore ora? - Localizzarsi nel presente, capire dove siamo davvero in questo momento.

I tre modi di stare con se stessi

Queste sono le tre modalità principali con cui ci rapportiamo a noi stessi:

Fuggire da se stessi: riempire ogni momento con attività, social, distrazioni per non sentire.

Combattere se stessi: giudicarsi, criticarsi, essere schiavi del giudice interno. Come l'esempio del padre che si giudica per aver paura per la figlia che deve operarsi.

Stare con se stessi: accogliere con gentilezza ciò che emerge, senza fuggire né attaccare. Riconoscere le emozioni, dar loro spazio, invitarle a parlare.

La pratica del raccoglimento

Il suggerimento pratico è quello di dedicarsi 15 minuti ogni sera al raccoglimento - quella bella parola che indica il contrario della dispersione. Un momento per raccogliere tutte le nostre parti interne, ascoltarle tutte, anche quelle che non ci piacciono.

Non si tratta di pregare con formule precise, ma di creare un dialogo aperto con noi stessi, con il tutto. Può essere meditazione, respiro consapevole, preghiera come dialogo con l'universo. L'importante è creare questo spazio di silenzio dove possiamo chiederci: "Dove sono stato oggi quando le cose non andavano bene? Dentro di me o solo fuori nelle circostanze?"

Conclusione

La vita esteriore cambia continuamente. Dare il potere agli altri e alle circostanze di governare la nostra vita significa essere costantemente sulle montagne russe. La vita interiore, invece, è la radice stabile da cui attingere forza e significato per ciò che accade.

Coltivare la vita interiore significa non perdere mai il gusto della vita, nemmeno quando sembra amara. Significa imparare che la vita è l'insieme di tanti sapori diversi, e quando il gusto è amaro, possiamo imparare a gustare anche il sapore amaro.

È questa la vera libertà: non dipendere dall'esterno ma trovare in noi stessi, nel presente, nella nostra coscienza profonda, la stabilità e la pace che cerchiamo.

 

Speriamo che questo post ti abbia offerto spunti utili! 

Supporta il Nostro Progetto

Se desideri sostenere il nostro progetto di divulgazione gratuita puoi farlo abbonandoti al nostro canale YouTube. Grazie per il tuo supporto.